Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
BELL' UBBRIACHE28A B M'OBAN BEVITORI 119 favellando d'Ercole per dar# ad intendere la grandezza di quel suo bicchiere lo chiamò axwpp* rpiXd^pm*: Sci/o capace di tre lagene. Era la lagena quella fiasca o boccale con cui mescevano il vino a tavola, e soleva tenere quanto un berebbe a pasto. Perciò dottamente Virgilio d' avanti all' altare d' Ercole & usare questa sorta di bicchiere; e per mostrare la sua grandezza acconciamente dice:
Et tacer implevit dextram scyphus*
Ed Orazio parimente volendo bere gran bicchieri di vino, comanda al servo che porti gli sciJLCapaciores adfer huc puer scyphos.
Lo scifo era di figura simile alla nostre giare, ondesant'Ambrogio gli assomiglia il giglio: Considerate, dice egli, Lilia agri quantus sit candor in Joliis , quemad-modum stipata ipsa folia ab imo ad summum videantur assurgere, ut scyphi exprimant formum. Ed IJlpiano e Paolo nelle nostre leggi: Si alieno scypho ansam, aut fundum iunxeris: et siquid additum fuerit scypho, ut fundus, aut ansa.
Ma che dirò d'Alessandro Magno, uomo per natura e per virtù sobrio e temperante e di cuor forte e magnanimo e sempre inteso ad alte e gloriose imprese? Qual egli fosse, e come si contenesse nel bere, l'avete or ora udito da Seneca. Ateneo altresì attesta, che fkt il più solenne bevitore, che a' suoi tempi vivesse e di lui racconta una certa storia o favola eh' ella sia, la fjuale potrebbe confermarsi per le parole di Seneca citate testò. Sfidò , dice egli, a bere un giorno Protea famoso bevitore, il quale viiise la gara tracannando l'uno dopo l'altro due gran bicchieri di vino, che tenevano tre fiaschi per ciascheduno: e non potendo Ales-
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