Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      128 LEZIO ICE UNDICESIMAluglio e d'agosto : dopo altri dieci giorni il travasavano, e turando per bene il vaso, lunghissimo tempo lo serbavano. Invecchiando acquistava forza e spirito , e sapore di vino, come avvisa Plinio: vetustate saporem vini assequitur : ed altrove: longa tamen vetustate tran-sit in vinum, ut constai inter omnes.
      Per la qual cosa il medesimo Plinio in altro luogo nota, che a suo tempo 1' idromele non si dava più agl'iu-fermi, giudicandolo dannoso al pari del vino, e non al pari profittevole : Hydromeli quoque éx imbre puro cum melle temperabatur quondam, quod dar e tur appetentibus vinum cegrU, velati innocentiore pota, damnatum iam multÌ8 anni8 iisdem vitiis, quibus vinum ; nec iisdem utili tatibus. Tutta la difficoltà consisteva nel mischiar bene insieme, e incorporare l'acqua col mele, e con maestria temperargli in guisa, che la bevanda fosse gustevole, dilicata e spiritosa. Perchè narra Aristotile che alcuni popoli della Schiavonia, detti Taulanzj, facevano il vino di mele infondendovi l'acqua, e facendolo bollire in una caldaia tanto che scemasse la metà, lo travasavano in vasi di terra, e poi empiutone caratelli e botti lungo tempo il conservavano, e diveniva simile al vino, per altro dolce e sincero. Soggiugne, che questo alcuna fiata riusci ancora in Grecia, in guisa che non si distingueva dal vin vecchio : ma che poscia non poterono mai ritrovare un simigliante temperamento. Non era dunque da tutti il far l'idromele.
      Più dell' idromele invecchiava il talassomele, che temperavano mescolando acqua marina attinta in alto mare, acqua piovana e mele, tutte per ugual porzione. Facevano in oltre Y ossimele mischiando insieme dieci libbre di mele, cinque d'aceto vecchio, una di sai ma* rino, e dieci di acqua piovana, e mettendo questa composizione a fuoco dieci volte, e facendola grillare. Poscia la travasavano, e lasciavanla invecchiare. Era questa stimata bevanda medicinale \ ma riprovata, e con-


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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