Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani

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      delle vahie bevande degli antichi 131 t*enza ragione, insegnando Ateneo, che facevano la birra ancora di miglio, la quale por mio avviso è quella, che ripiano appella Camum, osservando io che questa medesima Prisco Sofista l'addimanila rif/.fo^, che significa miglio. Ma la prima lettura viene avvalorata dall' autorità di Virgilio, il quale scrisse do' popoli settentrionali ;
      Et poetila Urti
      Fermento, atque acidis imitantur vite a sorbis.
      Quantunque la cervogia, come udito avete, fosse tanto nominata dagli autori; nulladimeno io non credo che fosse molto usata da' Romani. Di questo buona con-iettura è la menzione t che ne fanno gli antichi sem-premai ne' paesi stranieri, ove dicono manipolarsi e beerai ; e non giammai in Roma. Avete sentito, che Plinio la descrive come propria dell'Egitto, della Spagna, della Francia, e d'altre provincie. Altrove scrive: Est et Occidenti* poprili9 mia ebrietàs fruge madida : pluribua modi» per Galita», Hispania$que nominibus aliis, ned ratione eadem : dove nota che gli Spagnuoli trovarono il modo di farla bastare lungo tempo. Erodoto , Teofrasto , ed Ateneo 1* attribuiscono agii Egiziani; Giuliano imperatore a* Francesi, e Tacito a* Tedeschi; de1 costumi de1 quali cosi scrive: Potui humor ex hnrdeo, aut frumento in quondam similitudinem vini corruptus. Dioscoride l'appropria alla Spagna occidentale ed alla Brettagna ; e san Girolamo alla Dalmazia, e all' Ungheria, ed altri ad altre provincie e nazioni : e chiaramente volle ciò dinotare Ulpiano con quelle parole : Quod in quibwsdam provinciis conficitur; le quali dimostrano, che non si manipolava in Roma. Plinio però nota, che le donne colla schiuma di cervogia si bagnavano, e lavavano la Eaccia per nodrire la pelle. Ed è curiosa l'osservazione d'Aratotele, se Creder si dee,


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Del vitto e delle cene degli antichi
di Giuseppe Averani
G. Daelli e comp. Editori Milano
1863 pagine 169

   

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