Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
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Bacco, che de'mortali Vallegrezza.
Seme le il partorì,
E parimente Giuliauo apostata in quel graziosissimo epigramma contra la birra. Convengonsi solamente a quel vino, che da Euripide fu chiamato àjArftwper,, il cui concetto fu maravigliosamente espresso dal nostro Dante con quello parole: L'umor che dalla vite cola: e quel vino che Moisè, con enfasi e robustezza profetica addimandò: sanguinem uvas meracissimum. Prendendo r arte a gareggiare colla natura, molte squisite bevande con sagacissima invenzione ritrovò: nulladimeno l'ingegno di tutti gli uomini insieme per tanti secoli non potè mai agguagliare V ammirabile magistero dei vino, cui produce nell'uve con sua possente virtù:
Lo ministro maggior della natura»
Il sole, architetto sovrano e fabbro di tutte quante le generazioni, in nessuna di esse pare che tanto s'impieghi quanto nel maraviglioso lavorio del vino; entro cui racchiude gran parte di sè impregnandolo della sua viva luce; onde trae quell'igneo vigore, quella forza, quello spirito; spirito vivacissimo che rinfranca le nostre forze e gli spiriti ravviva e riempie di gioia il cuore e l'animo solleva e riconforta e l'avvalora, e scosso ogni timore, l'arma di coraggio e di baldanza : e qual sole raggiante e quasi penetrante nel cupo fondo dell'animo, le fosche nebbie degli atri pensieri e delie noiose cure dilegua e fl caliginoso cielo della nostra mente tutto rasserena.
Saggiamente senti il nostro divino poeta quando cantò :
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Guarda il calar del Sol, che si fa vino, Giunto alVutnoTy che dalla vite cola.
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