Del vitto e delle cene di Giuseppe Averani
166 LEZIONE QUATTORDICESIMAEd acciocché fosse più fredda colla medesima acqua più e più volte la neve e'1 ghiaccio dilavavano, come Seneca n'avverte. Inde estt inquam, qued nec nive contenti sunt, sed glacicmt relut certior illi ex solido rigor sit, ex-quirunt: ac scepe repetitis aquis diluunL
Per nettare quest'acqua da ogni feccia e purificarla dalla schifezza e immondizia che potesse attrarre dal ghiaccio, ponevano l'acqua o '1 vino colla neve e col ghiaccio stritolato in un colatoio, nel quale sottilmente stillando lasciasse tutta quanta l'impurità. I più poveri l'avevano di panno lino, come io avviso a guisa di quelle calze da vino, per cui il vin bianco suol chiarificarsi, e siccome queste chiaraavansi sacci trinarti; cosi quello B'addimandava saccus nirartus, del quale parla Marziale:
Attenuare nives norunly et lintea nostra, Frigidior colo non salit unda tuo.
I più delicati avevano il colatoio d' argento e d' oro perchè la bevanda si conservasse più fredda, e s'appellava colum nivarium, del quale fa menzione Marziale, antiponendolo alla calza:
Setinos moneo nostra nive frange trientes Pauperiore mero tingere lina potes.
Pomponio, nel libro quinto, a Sabino domanda se nel-l'argento da bere si contenga anche il colatoio da neve: e risponde che si: ed altrove nelle nostre Leggi sono nominati vasa nivaria, tra quali, per mio avviso, si comprendono anche le eantinette ; e quivi trattasi de'vasi d'argento. Seneca però ci addita i colatoj d'oro con quelle parole: suspenso auro nivcm diluit.
L' ultima maniera d* agghiacciare T acqua e 1 vino
| |
Seneca Marziale Frigidior Marziale Pauperiore Sabino Leggi Seneca
|