Lia
CANTO I.
Il punto dell'orizzonte che s'interseca collo zodiaco, coli'equatore e col coluro equinoziale ha già determinato la mattina nell'emisfero del Purgatorio e la sera nel nostro emisfero: allorché Dante, di ritorno dal fiume Eunoè, vede Beatrice fissar gli occhi, com'aquila, nel sole. Anche il poeta, come raggio riflesso segue a raggio diretto, guarda nel sole; e riesce, resistendo, per la specifica virtù del luogo, all'abbagliamento, a discernere che l'astro sfavilla d'intorno come un ferro rovente. Tutto assorto nella contemplazione della sua Beatrice, egli si sente fuori dai confini dell'umano; e solo lo distoglie dalla visione la celeste armonia delle sfere largamente fiammeggianti nel sole. Il suono del tutto inusitato e la luce ineffabile suscitano nel poeta il desiderio di conoscere le ignote radici di quei fenomeni, tanto più ch'egli non si è accorto della sua velocissima ascensione; e Beatrice, che gli legge nell'anima, lo richiama a pensare ch'egli è salito colla rapidità del lampo alla sfera del fuoco. Ma questa spiegazione acquieta un dubbio per suscitarne subito un altro; Dante non sa rendersi conto della legge per cui egli possa trascendere col suo corpo pesante le regioni leggere del-