II. PARADISO
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ili lei. In un baleno arrivano al Cielo della Luna, e beatrice, rivolto a lui lo sguardo suffuso di letizia, lo invita a ringraziare Iddio che li ba congiunti colla prima stella. Al poeta pare di essere avvolto in una nube lucida, spessa, solida e pulita come un diamante sotto i raggi del sole, e la luna riceve i due mistici pellegrini senza affatto disunirsi: fenomeno che appare incomprensibile all'intelletto dei mortali.
Dante vorrebbe avere da Beatrice qualche notizia sulle macchie della Luna, ch'egli attribuisce alla maggiore o minor densità dei corpi.
Ma Beatrice così confuta tale opinione: «Nella ottava sfera ci sono molte stelle, diverse per la quantità e per la qualità della luce. Ora se tale diversità fosse prodotta soltanto da parti più rare e da parti più dense, vi sarebbe in tutte una stessa virtù variamente distribuita. Le diverse virtù devono provenire da diversi principi formali ; e invece, col tuo ragionamento, ci sarebbe un principio formale unico. In concreto poi, se le macchie fossero prodotte dalla rarità, o la luna sarebbe bucata da parte a parte o avrebbe strati densi o strati radi. Nel primo caso, in tempi d'eclisse solare, la luna dovrebbe essere diafana; nel secondo caso converrebbe che ci fosse un termine, oltre il quale il denso non lasciasse passare il raggio luminoso; e di là il raggio d'altro corpo lucido si rifletterebbe come da specchio. Tu potresti obiettare che dove il raro è più fondo e il denso più lontano, quivi il lume riflesso è più languido e quindi pare macchia ; ma questa obiezione è vinta dall'esperienza. Poiché, se tu poni un lume in alto dietro alle spalle e tre specchi davanti, in modo che i due laterali sieno a egual distanza e il terzo nel mezzo un po' più