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La Divina Commedia
Paradiso
Biblioteca del Popolo
Sonzogno Milano, pagine 62

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   II. PARADISO 7
   E l'anima che non può negare nella sua carità inanità il soddisfacimento di giusta indagine, si dà a conoscere per Piccarda Donati, che fu vergine suora nel mondo; e rivela che agli spiriti votivi mancanti è stato assegnato il cielo della Luna, il più lento nel suo moto intorno alla terra. Dante crede di sentire in queste parole come una nostalgia di una sede più alta nel Paradiso; e domanda allo spirito se questo desiderio provenga da voler vedere di più o dal voler più farsi amici. E Piccarda sorridendo lo toglie dall'errore rispondendogli che i desideri delle anime beate e le sorti a loro assegnate non possono mai essere discordi dalla suprema volontà di Dio.
   Così il poeta intende una volta per sempre che «ogni dove in cielo è Paradiso » per quanto la grazia di Die vi sia variamente distribuita.
   Soddisfatto in uno dei desideri, il poeta è curioso ora di avere da Piccarda notizie sul voto ch'ella non aveva adempito. E lo spirito racconta che ancor giovinetta si era ritirata dal mondo per seguire la regola del monastero di Santa Chiara. Uomini di mala vita la rapirono dal chiostro; e Dio solo sa com'ella abbia potuto vivere dopo la violenza patita. Ciò detto, Piccarda addita al poeta la luce di Costanza imperatrice, moglie di Enrico VI e madre di Federico II. Anche questa donna soave ebbe una storia simile a quella dell'ombra che parla; forzata esteriormente nel suo voto di castità, conservò sempre nel cuore il vele monacale. Piccarda si dilegua intonando dolcemente l'«Ave Maria®; e Dante la segue quanto può cogli occhi, poi si volge a Beatrice che tutto lo abbaglia col suo splendore.