18 I-A DIVINA COMMEDIA
Essa rifulge nel cielo di Venere, perchè nella vita fu vinta dalla passione amorosa ; di questa passione ella serba il ricordo anche qui, e se ne rallegra, poiché fu questo amore, che indirizzato a Dio, le fruttò la beatitudine. Cunizza prosegue parlando di una luce che le sta vicina, e che ha lasciato fama duratura nel mondo. Di qui essa trae oocasione per lamentare la scostumatezza dei contemporanei, che non si dànno cura alcuna f>er assicurare con buone opere la loro memoria ; e predice alle native contrade prossime sciagure, alludendo alle stragi sofferte dai Padovani, alla morte violenta del tiranno di Treviso, e al tragico e funesto tradimento ordito contro quelli di Feltro dal loro vescovo. Termina confermando la veridicità della profezia.
Ed ecco che occorre a Dante un'altra splendida luce, tanto più fulgida, quanto più lieta. Il mistico pellegrino invita questa luce a soddisfare i suoi desiderii, ch'essa deve conoscere; e la luce così gli parla: «Mi chiamo Folco; e in vita m'improntai di questo amore a cui ora s'impronta il Cielo. Qui noi riconosciamo il fine ultimo dell'amore, cioè il Sommo Bene, che riconduce le anime dalla terra al cielo. E, per darti qualche notizia delle luci di questo cielo, ti dirò che nella luce a me vicina si bea lo spirito di Raab, assunta dal trionfo di Cristo prima d'ogni altra anima, e lasciata in questo cielo in premio d'aver favorito l'impresa di Giosuè in Terrasanta, in quella Terrasanta, di cui ora il pontefice si ricorda così poco. » Da questo accenno Folco trae occasione per fare un'invettiva contro la cupidigia eccle siastica. « Firenze, — egli prosegue — fondata dal diavolo, produce e diffonde il fiorino funesto, per amor del quale si disviano i grandi e i piccoli. Tutte le Sa-