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La Divina Commedia
Paradiso
Biblioteca del Popolo
Sonzogno Milano, pagine 62

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   I-A DIVINA COMMEDIA
   iei ; e malissimo fece a disdegnarne il parentado quel Buondelmonte, che avrebbe dovuto affogare in Ema, inzichč ingenerare tanta iattura in Firenze. Ai miei tempi, quando tutte queste famiglie erano in auge, la patria si stava riposata e tranquilla; e il suo giglio non era mai a ritroso per vituperio di sconfitta, nč invermigliato per civili dissensi. »
   CANTO XVII.
   s».
   ; •
   Dante prova in sč un ardentissimo desiderio; Cac-
   ciaguida e Beatrice se ne avvedono, e la Donna Beata lo invita a manifestarlo, non gią per accrescer la conoscenza di lei o del bisavolo, ma perchč egli si avvezzi a pregare per essere esaudito. E il poeta, volgendosi a Cacciaguida, lo supplica, in nome della facoltą che il beato possiede di leggere nella prescienza divina del futuro, di dilucidargli con chiarezza quelle profezie di sventura, di cui gią gli č stato fatto cenno nel Purgatorio e nell'Inferno. E Cacciaguida, disdegnando le ambigue locuzioni degli antichi oracoli, con chiare parole e con preciso linguaggio cosi gli squarcia il velo dell'avvenire:
   « Tutte le cose contingenti, che si limitano al mondo terreno, sono dipinte nel cospetto eterno, pur senza trarre di qui, dalla prescienza divina, alcun carattere di necessitą nello svolgimento, dal che sarebbe vincolato l'arbitrio degli umani. Da questo eterno cospetto a me giunge alla vista il tuo avvenire, come da un organo viene all'orecchio una soave armonia. Per aver resistito al male, tu dovrai partirti da Firenze per l'esilio; e gią nella corrotta Curia ecclesiastica si ordisce