Supplemento perenne alla Nuova Enciclopedia di

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      APICOLTORI ALEMANNI (XVI CONGRESSO DEGLI)
      tonvi molli giorni nei quali la temperatura permette loro di impunemente ciò intraprendere onde liberarti dagli ostro-monti che ai ponno estere ammassati nel loro corpicino. Giova però impedire cbe sull'apertura d'uscita degli alveari vi percuota il sole il quale più facilmente fa si che si muovano quindi consumano maggior nutrimento e anche vengano allettate a volare all'aperto sema urgente bisogno. e ponno quindi esser sopraccolte da repentine arie fredde non potendo dipoi raggiungere l'alveare e intirizzite cadere a terra né piò riaversi. Nei paesi dei rigidi inverni svernano aasa bene le api in luoghi oscuri corno anche sotterra ove noe geli. Onde poi evitaro l'ammuffire dei favi giova assai che presso la porticina posteriore dell'alveare s'introduca una specie d'imbottilo. Quanto riguarda la capacità delle arnie in rapporto allo sciamare gli agricoltori convengono elio possa sciamar prima una piccola cbe una grande; singole varietà di api poi chi sciama presto chi tardi. E lo sciamar presto dipende anche da condizioni locali del raccolto che ponno offrire precoce o tardo abbondante o scarso.
      Una delle principali condizioni pel crescere di una popolazione di api e del suo precoco sciamare é una stagione calda umida. Questa favorisce le covate quindi lo sciamare è motto precoce. Se la natura non offre quest'ultima condizione sen devo prender pernierò l'agricoltore. Somministri alle sue api del mieto diluito ma non in abbondanza ogni volta acciò non corra pericolo di guastarsi e questo favorirà la deposizione delle ova surrogando l'umido della stagione. Sarà bene che in vicinanza dell'apiario siavi dell'acqua che le api posano provvedersene quanto loro occorre poiché « ne banno mancanza sebbene abbiano miele in abbondanza le covale soffrono. Avvi taluno il quale crede che essendovi a brevo distanza della posta d'api l'acqua non occorra loro apprestargliela; é un errore: quanlo più l'avranno vicina tanto maggior quanti L'i di voli faranno a raccoglierla. Insomma ove manca la natura l'apiajo deve surrogarla: noi mancando la nutrizione non mancando l'acqua le popolazioni si faranno forti e trovandosi troppe numerose lo api saranno apinle allo sciamare. Alle volte dassi il caso ebo una popolazione sia forte e parrebbe avesse a sciamare e pure deluda l'aspettativa ; ebbene si coltivino razionalmente leposiziono delle uova sino all'estrema parte di favi di subito subentra una stagione fredda; in conseguenza le api 'per la propria salvezza sono costrette a restringersi insieme ] perciò vanno a male quelle che si trovano presso il margine di lavi venendo abbandonate. Della qual malattia feco pa-'rola anche Columella. Per effetto dei raffreddamento muojono le api prima di venir chiuse nelle celle per convertirsi in crisalidi. La materia nella qnale ai decompongono le larve é maggiormente poltacea né si tenace come quella della putrefazione delle covale contagiosa maligna. Essa poi ai essicca qual crosta sul fondo degli alveoli dai quali con facilità si itacca e le api inaino a che il loro numero non diminuisce riesce loro facilo a liberarli da potervi l'ape regina deporti di bel nuovo lo ora. Cessata poi la causa della malattia l'al-teare successivamente risana.
      Se poi la putrefazione é contagiosa maligna ecco da the ai può accertare. Sul principio della maialila trovansi dei favi con 10-30 covate anche di più o di meno le cui celle hanno il coperchio concavo e quando quoslo ben si osserva scorgesi un forellino. Tolto il coperchio ai presenta la larva del tutto sviluppata alesa pel lungo dolla cella col capo volto verso il fondo di essa colorata di bruno. Di regola la larva soccombe prima cho le ai ingrossi il capo sicché poco dopo cho venne chiusa entro la cella e avanti di lare il bozzolello per incrisalidarsi. Ben di raro ciò ha luogo in larve non ancora chiuse più di raro in crisalidi mollo meno allorché queste avvicinansi a insetti perfetti. Se si schiaccia una larva il suo contenuto presenta una massa gommosa cho si stira. Appresso non più scorgosi la figura della larva che si scioglie in una materia appiccicaticela viscosa la quale in tredici o quattordici giorni diventa una crosta quasi nera essiccatali non sul fondo della cella ma ibbeno da un lato. Le api non ponno sbarazzare la cella dalla detta crosta ma aino a tanto cho sono numerose si danno a morsicar via la cella sino alla parete mediana venendo con ciò tolta la crosta e ricostruiscono poi la cella. Allorché la malattia prende maggior piede scoraggiale non toccano punto l'essiccata massa si danno a costruir celle ; alle volte però avviano che costruiscono dei favi quando la campagna offre un abbondante raccolto. Se poi la malattiaapi senza indugiare più oltre e si faccia uno aciamo artifi- si feco intensa si stanno dal volare solo ventando procorant eiale una propagine. Per quest'operaziono ba un valore di^purgare l'alveare dall'aria infetta. Allo volle in tal caso inestimabile l'arnia a favi mobili. dassi in primavera o autunno che abbandonano l'infesto al-
      Eu dipoi il quesito : In qual modo si posta intrigare un'ape Ivearo sciamando. Si viene poi accertati della malattia ai-regina in un alveare? Parecchie maniere furon suggerite Illorché sul fondo dell'alveare li trovano dei granellai o bric-lutle nell'intento d'impedire che la nuovamente introdotta llciole brune o nere lo quali alropicciate fra lo dita producono non venisse uccisa : ma non essendo sostanzialmente diverse una massa untuosa puzzolente.
      da quelle già in uso presso gli apicultori ce no passiamo. Scoppiato il male via via prende piede e muojono la Dopo di che si propose il quesito: Quali tono le cagioni càci metà o tre quarti dei cacchioni. Senza prendere in esame producono la putrefazione delle eovale ? La putrefaziono delle! l'intorno doll'alveare basterà l'odorato ad avvertire delta covale si distingue in contagiosa mite e in contagiosa mali- putrefazione delle covate. Invece dell'ordinaria gradevolegna. Essa dal nome vion chiaramente dimostrato in quale' stadio del vivero colpisce le api. La prima ossia la mite si conosce quando un alvearo é infello allorché sul fondo di esso si scorgono degli scodellini bruno-oscuri cbe le api gettano dagli alveoli e veggonsi persino alle volte delle morte covale che puro da quelli le sbarazzano. Di regola muojoao ognora lo covato scoperchiate; quelle poiché vengono chiuse negli alveoli sono sane e raggiungono il loro perfetto svi luppo. Questa putrefazione mito si attribuisce al raffreddamento delle larve prodotto dall'ater fatto qualcbo sciame artificiale quindi impoverito l'alveare sicché non rimaservi
      esalazione si prova un odore ingrato o quanlo più si apre posteriormente l'alveare spandesi un puzzo corno di carne putrida. QueRb però cho fa stupore si é cbe non tulle le covate muojono e negli slessi alveari al sommo polenti ognora qualche piccola parte di covale sviluppansi in sane api fatto che per la potente contagiosità del malo riesce ttn enigma. La peste non si ristringo mica all'alveare in cui scoppiò ma sibbeno colpisce gli altri sani della posta e in uno o due anni può rovinarla tutu ed estendersi persino in tutto il paese. Le arnie prese dal male non snpporuno a lungo poiché spedito aggrandisce e non solo vanno alla malora Ibastami api por operare da covatrici e nutrici ; oppure allor- [covate ma anche le celle da covo lo quali in arnie sane quando nella primavera l'apo regina avendo estesa la de-1ogni tre scltimaoe producono delle giovani api divenendo


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Supplemento perenne alla Nuova Enciclopedia Popolare
Rivista annuale (1870-1871)
di
Utet
1872 pagine 743

   

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