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s' udivano detonazioni e rumori simili a quelli del tuono. Al tempo stesso vedevasi la montagna lanciare in aria, con fracasso spaventevole,, enormi pietre infiammate che cadevano a grandi distanze, e cominciarono a piovere in copia strabocchevole le sabbie e le ceneri. In breve ora il cielo era scomparso dietro la sinistra nube, che, coprendo quanto si Vedeva di terra e di mare, tutto riseppelliva nelle tenebre della notte.
Tale era lo spettacolo che immergeva Napoli nello spavento. Immaginatevi voi intanto quale orrifeàle scena dovessero presentare i paesi sparsi alla base e sui fianchi di quella montagna di fuoco ! Sopra una terra che traballava, sotto un cielo tenebroso che fulminava e ¦ grandinava pietre, i poveri abitatori del Vesuvio' fuggivano in preda al terrore ed alla disperazione, colla morte dipinta sul volto. Si vedevano madri che seco trascinavano, strillanti nella fuga, due o tre bambini in una volta; si vedevano figli che si recavano sulle spalle i genitori vecchi e paralitici. Così passò il giorno 16 dicembre senza alcun indizio che il vulcana .volesse rimettere della sua ferocia: anzi verso sera nella stessa città di Napoli le muraglie traballavano e si screpolavano, le porte é le finestre si aprivano e si chiudevano, senza che vi fosse un pelo di vento; le case rovinavano; le ceneri cadevano copiose; un odore di zolfo e di bitume ammorbava l'aria... Il popolo credeva veramente giunta 1' ora suprema della giustizia di Dio. All' apparire del giorno 17 il Vesuvio, anziché acquietarsi, pareva raddoppiasse le ire. La cenere era così fitta che toglieva il respiro, e la notte così oscura che era impossibile guidarsi altrimenti che al chiarore delle torce. Verso le nove del mattino il vulcano, quasi a far pompa di nuovi mezzi di sterminio, vomitò dalla gola spaventevole una prodigiosa massa di acqua che precipitossi, divisa in tre enormi torrenti, con taf impeto, che le case erano sradicate intiere colle loro fondamenta : e si formarono in mare delle penisole di quasi un chilometro, non altro che cumuli di rovine, che da quei torrenti improvvisati venivano travolte al mare. Il mare stesso, sposando le sue alle ire del vulcano, tre volte ritirossi con impeto dal lido, fino alla distanza d' un chilometro, e tre volte ritornò furioso ad assaltare le coste.
Erano le dieci, quando un nuovo, spettacolo venne ad accrescere il terrore di chi ne era già al colmo. Tutta la montagna sembrò un istante liquefarsi. Un enorme torrente di lava incandescente, uscendo d' un tratto dalla nera caligine della montagna, mostrossi' in atto di precipitarsi dall'4trio, 0> & scese giù rovinoso travolgendo ne' suoi fiotti infocati tutta la campagna, e i paesi che le acque e i terremoti avessero per avventura rispettato. Quella massa di lava, la più enorme che ricordi la storia del Vesuvio, veniva giù divisa in numerose fiumane, delle quali alcune presentavano più d'un chilometro di larghezza. Davanti a quei torrenti di fuoco ardevano le foreste e
(1) Atrio del cavallo chiamasi la profonda valle falcata tra il Monte Somma e il cono del Vesuvio.