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Elementi di Geografia Moderna

Nicola De Giorgi
R. Carabba Editore Lanciano, 1928, pagine 387

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   * *
   175.
   Ecco le storte : sono due, alle due estremità d' una galleria. Grosse come torri, panciute, esse ruggiscono e lanciano un tale getto di fiamma che a cento metri gli occhi sono accecati, la pelle arsa, e si ansa come in un forno. Sembrano due vulcani furiosi. Il fuoco che esce dalla loro bocca è così bianco che la vista non lo può sostenere ed è lanciato con tanta forza e con tanto rumore che nulla può darne 1' idea.
   Là dentro bolle 1' acciaio, 1' acciaio Bessemer con cui si fanno le rotaie. Un nomo forte, bello, giovane, col capo coperto da un grande feltro nero, osserva attentamente il formidabile soffio. È seduto davanti a una ruota simile al timone d' una nave e di tanto in tanto, come il pilota, egli la fa girare.
   Allora la furia della storta aumenta, essa lancia un uragano di fiamme perchè il fonditore capo ha ancora aumentato la mostruosa corrente d' aria che 1' attraversa. E, sempre simile a un capitano, 1' uomo, ad ogni momento, avvicina agli occhi un binocolo per osservare il colore del fuoco.
   Egli fa un segno : s' avanza allora un piccolo vagone che versa altri metalli nel braciere ruggente. Il fonditore consulta ancora le tinte delle fiamme furiose, cerca delle indicazioni, e, a un tratto, girando un' altra piccola ruota, fa dondolare il formidabile tino. Esso si gira lentamente, lancia sino al tetto della galleria uno spaventoso getto di scintille; poi versa delicatamente alcune gocce d' un liquido fiammeggiante in un vaso che gli è presentato, infine si raddrizza ruggendo...
   Il capomastro esamina la grana, prima di dare 1' ordine « filtrate! >
   Allora la storta si rovescia ancora, e, simile a un servo che riempia dei bicchieri intorno a una tavola, essa versa il fiotto fiammeggiante d' acciaio che porta nel suo seno in una serie di recipienti di ghisa disposti in giro intorno ad essa...
   Sembra che una forza, un genio strano domini e governi i gesti pesanti di quei sorprendenti apparecchi.
   Noi usciamo col viso arso, con gli occhi sanguinanti.
   *
   * *
   Entriamo negli alti fabbricati dove si fanno le locomotive e le grandi macchine delle navi da guerra.
   Non si distingue più nulla, non si sa più nulla, si perde la testa. Ci si trova in un labirinto di manubri, di ruote, di correggie, d' ingranaggi in movimento. Ad ogni passo ci appare un mostro che lavora del ferro rosso od oscuro. Qui sono delle seghe, che dividono delle lamiere grosse come il corpo umano; là delle punte che penetrano in grossi blocchi di ghisa e li passano da parte a parte come fa l'ago .nel panno. Più lontano un altro apparecchio taglia dqjle lamine d' acciaio come delle forbici potrebbero tagliare un foglio di carta.