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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume II - M-Z
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1899, pagine 2200

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Macchie lunari 1173
   il Giovine o L'Alessandrino, soprannominato ó uoAraxcg, cioè « 11 Cittadino » (cfr. Socrat. Hist. Eccl. iv, 23), contemporaneo Egiziano, ma più giovine di lui, dedicossi egli pure alla vita monastica e dicono superasse VEgiziano nella pratica dell'ascetismo. Visse nel deserto della Nitria, dove, secondo la tradizione, oltre cinquemila monaci lo veneravano come loro maestro e preposto. Morì, come si crede, il 2 gennaio del 404. Gli si attribuiscono alcuni scritti (cfr. Gallandii, Bibl. Patr. vii; Migne, Patrol.gr. xxxiv, 263), che probabilmente non sono suoi; cfr. Floss, l. cit. - Dato che l'Alighieri abbia distinto tra'due Maccarii, quello da lui menzionato è probabilmente Maccario 1,l'Egiziano, come intendono Bl., Witte, ecc. Poh: « Essendo Maccario posto con San Benedetto, il propagatore della Regola monastica in Occidente, parrebbe doversi intendere di Maccario il Grande, che altrettanto fece in Oriente. » - I più intendono invece di Maccario II, l'Alessandrino, mentre altri non si curano della questione. Forse Dante stesso non fece veruna distinzione tra i due personaggi, come non ne fecero altri prima e dopo di lui. Pan., Petr. Dant., Cass., Falso Bocc., Benv., Buti, An. Fior., Serrav., Land., Tal., Veli., ecc. non ne dicono nulla. - Ott. : « Di santo Maccario si legge, che essendo egli abate discendea della sua cellola al cimiterio, lasciava il letticciuolo, e venia a dormire al monimento; e venne al luogo dove erano seppelliti li corpi de'Pagani, e trassene uno corpo, e poseselo sotto il capo suo in luogo di guanciale. Molte battaglie ebbe col diavolo, e tutte le vinse. » Il Pan. dice che Maccario fu monaco dell'Ordine di S. Benedetto, vissuto un secolo più tardi ! Diremo adunque che nessun commentatore antico ebbe notizia del personaggio nominato da Dante.
   Macchie lunari si chiamano I luoghi oscuri che osservansi nella superficie luminosa della Luna. Dante ne parla Conv. il, 14, 52 e seg. e Par. n, 49 e seg. Nel primo di questi due luoghi il Poeta, seguendo Averroe, insegna che le macchie lunari, ossia l'ombra della Luna, « non è altro che rarità del suo corpo, alla quale non possono terminare i raggi del Sole e ripercuotersi così come nell'altre parti.» Nel Poema poi egli confuta per bocca di Beatrice tale opinione ed insegna che le macchie lunari si derivano, non dal più o meno di densità che siavi nel corpo lunare, ma dalla virtù che dal Primo Mobile si diffonde sulle stelle sottoposte, la quale virtù, pur rimanendo sempre una, si differenzia secondo i differenti corpi, come l'anima nelle membra del corpo umano. - Giul.: « Se noi giudichiamo le dimostrazioni di Dante giusta la Scienza moderna, ravviseremo troppo meglio fondata e probabile assai più la prima che non la seconda opinione. Pur tuttavia dobbiamo rico-