La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
sul nemico, il quale si trovava a sua volta trincerato spesso a poco più di cento metri dai nostri e il corpo a corpo si svolgeva rapido, violento, accanito. Qualche colpo di rivoltella, ma in generale non era che un luccichio di lame taglienti che scomparivano nelle carni, che passavano da parte a parte i corpi, che sgozzavano fra urli, bestemmie, imprecazioni, rantoli di morte. Quasi sempre la lotta si risolveva colla fuga degli austriaci che non erano rimasti sul terreno i quali lasciavano nelle mani dei nostri la trincea, munizioni, mitragliatrici, fucili ed altro prezioso bottino.
La trincea occupata veniva subito messa in grado di resistere ad un probabile contrattacco che spesso si faceva annunziare dal getto di gas asfissianti a cui si trovò in seguito il rimedio delle maschere che neutralizzarono in parte i micidiali effetti dell'infame invenzione.
Gli austriaci usarono sin dal principio le bombe a mano, che dovevano diventare poi anche in mano dei nostri, così efficaci. Essi le gettavano a cesti giù pei pendii delle montagne sulle quali si risolse quasi tutta la nostra guerra. Giunte nelle nostre trincee esplodevano. Ma i nostri escogitarono subito il mezzo di difendersi da queste bombe costruendo davanti le trincee delle reti metalliche che trattenevano le piccole macchine infernali.
In generale il soldato non solo conservò il suo sentimento religioso durante la guerra, ma la sua fede si fece più forte e più salda. Comunque si pensi e qualunque sia il credo da noi professato nella nostra vita, non si può rimanere costantemente lunghi giorni, eterni mesi colla morte accanto, in agguato, senza pensare a Dio.
Questo rinvigorimento della fede nelle truppe fu constatato da tutti e se ue ebbe larghe prove dal lavoro compiuto dai cappellani militari e dal commovente spettacolo che presentava il campo alla domenica e non solo alla domenica, quando improvvisato dovunque si poteva un altare, il soldato che ritornava per un'ora sacerdote, vestiti i paramenti sacri, celebrava la messa servita da un altro soldato e circondato da tutti gli uomini liberi in quel momento, qfra i quali si notavano sempre gli ufficiali, spesso i generali e fra questi il Duca d'Aosta, Cadorna, lo Stato Maggiore e quando vi si trovava, lo stesso Re.
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