La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
sua età e per altri compiti che avrebbe potuto utilmente disimpegnare era stato più volte invitato ad accettare mansioni meno pericolose.
E con questi eroi che dovevano avere poi l'alta ricompensa sovrana, caduti nei primi mesi di guerra, vanno anche ricordati il generale Carlo Montanari comandante la brigata Forlì, il maggior generale Giuseppe I'aolini da Popoli (Aquila) il generale Ferruccio Trombi.
Quanti altri ne registrerà la storia, illustri ed ignoti d'ogni classe, d'ogni ramo sociale, prima che l'immane lotta giunga alla fine.
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Un comunicato ufficiale, pubblicato il l.o agosto, affermava che i prigionieri nemici, fra i quali molti ungheresi fatti dai nostri, ammontavano a 17 mila con 3S0 ufficiali. Qxiasi quotidianamente essi aumentavano sempre di decine, sovente di centinaia, non di rado di migliaia.
Essi vennero subito inviati in diverse città d'Italia : ad Alessandria, a Brescia, a Savona. Fra i primi presi ve ne erano di boemi, di ruteni, di croati. Fra loro non mancavano i vecchi, ma in generale erano giovani nelle loro divise ancora di buonissimo panno. Certi avevano già combattuto in Serbia, in Polonia, nei Carpazi ed erano decorati di due, tre medaglie al valore. Sono stati circondati, sepolti sotto una gragnuola di fuoco, si sono trovati senza munizioni. In questa guerra è capitato a molti valorosi d'essere fatti prigionieri incolumi; molte volte la violenza del fuoco intontiva, istupidiva, paralizzava anche gli illesi. Fu notato poi che il carattere del loro coraggio non era simile a quello dei nostri. Essi erano fatti per la lotta di lontano, non per l'a corpo a corpo. Restavano in trincea anche sotto un fuoco micidiale, sotto un uragano di obici e di shrapncls, ma quando i nostri oltrepassavano i reticolati, le bocche di lupo, le zone minate e scavalcavano il parapetto colla baionetta impugnata nella destra a guisa di coltello, austriaci, ungheresi, sloveni, se anche erano ancora in grado di difendersi generalmente si arrendevano.
Dei prigionieri non pochi erano italiani della Dalmazia e di altre terre nostre irredente obbligati a battersi per forza e che hanno accolto la prigionia come una liberazione. Fra essi non mancavano i rinne-
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