La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
metteva anche ai nostri di battere efficacemente la zona degli abitati di Tonezza, collegava fortemente le nostre linee avanzate lungo le direttrici dell'Astico del Rio Freddo e del Posina e infine risaldava le nostre occupazioni laterali di Punta Corbina e del piano del Coston a oriente con quella di Monte Seluggio ad occidente.
La nostra avanzata, narrò un corrispondente di guerra, era salita per le prime pendici del Cimone e aveva preso il Caviojo che è una sfaldatura del Cimone, una vetta formata dalle franature dello sperone. Si annidò sotto alla parete e dovette fermarsi. Continuò invece ai fianchi, si insinuò nelle spaccature laterali, risalì il Rio Freddo, cercando di isolare il monte. Le difficoltà erano enormi.
E pure ventisei animosi riuscirono a dare il 4 luglio con scale a piuoli la scalata; ma in numero così esiguo, giunti sulla sommità furono massacrati.
Fu organizzato il bombardamento che preparò la conquista. Si iniziò alle 3 del pomeriggio del 22 luglio e continuò sino alle 4 e mezzo del giorno dopo; tredici ore e mezza continue durante le quali in certi momenti, il fuoco raggiunse l'intensità di mille colpi al minuto. Pareva l'inferno. Tutta la notte fu percossa da un tumulto senza requie, piena di un boato immane e squassante che pareva prodotto da un crollo di montagna, da un urtarsi di vette, da una tempesta di rocce.
Le truppe destinate all'attacco erano state ritirate dalla vicinanza delle rocce da scalare, per proteggerle dalla grandine di schegge che scendeva sibilando dall'alto. Si erano preparate delle lunghe scale di corda con piuoli rigidi. Nella notte del 21 alcuni di questi nostri alpini rampicatori che sanno arrivare ovunque vi sia uno spazio dove ficcare le punte delle dita, erano saliti scalzi ad attaccarle.
Un battaglione alpino, composto in gran parte di piemontesi, era destinato a quest'attacco. Mentre gli alpini dovevano attaccare la vetta, dei reparti più numerosi di fanteria dovevano attaccare i fianchi del Cimone, dalla parte dell'Astico ad oriente e dalla parte i del Rio Freddo ad occidente.
I Gli alpini si sono trovati davanti ad ostacoli insormontabili. Dovevano lavorare a dieci metri dal nemico per aprirsi il varco. Si servivano delle granate
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