La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
Più la guerra intensificava l'opera sua distruttiva, più questi colossi moltiplicavano le loro attività, le loro imprese. Erano fra questi, Ruffo, Salomone, Piccio, Baracchini, Ercole, Parvis, Miraglia, Baracca e tanti altri di cui vedremo le meravigliose gesta ed i sublimi sacrifici.
Così nel secondo anno di guerra si registrano continuamente le azioni da essi compiute senza sosta anche quando il tempo non era favorevole, anche quando le intemperie mettevano in serio pericolo la stabilità della loro macchina.
Stazioni, ponti, accampamenti, sedi di comando, fortificazioni, depositi di munizioni, arsenali, navi nei porti, navi in viaggio, convogli, posizioni militari furono costantemente lo scopo delle loro incursioni ottenendo sempre piccoli e grandi risultati, distruggendo, sconvolgendo, incendiando, facendo saltare in aria, od affondando il punto preso di mira.
Di una immensa utilità furono anche nel proteggere le nostre città fatte segno così spesso all'ira selvaggia e vandalica dei velivoli nemici.
Quanti di questi apportatori di stragi furono atterrati, distrutti dai nostri, quanti aviatori austriaci furono fatti prigionieri.
Il 30 giugno 1916 mentre un nostro Caproni in un'ardita incursione al di là del Gallio gettava bombe sopra un obiettivo militare fu colpito e forato nelle ali da palette di shrapnels; si librò per qualche tempo a grande altezza, poi precipitò fra Zocchi e Bertigo. Accorsero i soldati. Vi erano due morti e due feriti. Fra i morti : il tenente Giovanni Facta, figlio all'ex ministro delle finanze e il tenente Pacinotti.
A Capodistria un nostro velivolo montato da un a-viatore istriano, figlio di un cospiratore di quelle terre ancora irredente, e da un francese, fu costretto ad atterrare. Il francese cedette le armi, ma l'istriano che sapeva come in ogni caso l'attendesse una condanna a morte come suddito ribelle, lottò finché rimase ucciso sul luogo, nella terra natale. All'eroe i nostri aviatori portarono una corona per le vie dell'aria, lasciandola cadere con gentile pensiero sopra Capodistria.
Un nostro Caproni con a bordo un capitano ed un sergente maggiore, si librò sopra un campo di concentramento nemico a 40 chilometri dal confine, lanciandovi con risultati efficaci una ventina di bombe. Al riter-
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