La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
del diritto nazionale combattuto sulle colonne dell' "Al-to Adige" il grande giornale liberale di Trento; è sempre a tutti i congressi alpinisti, studenteschi, tutti convegni di fede a cui accorrevano i devoti da ogni vallata del Trentino. Egli e Scipione Sigitele, il grande scrittore patriotta di Nago, bandito anche lui più tardi dall'Austria, lo percorsero tante volte in lungo e in largo quel Trentino, parlando d'Italia e d'italianità. Li ricordano a Primiero, a Mezzolombardo, a Tione, a Riva, a Rovereto, a Trento. Si ricorda che a Trento una volta ad un congresso che aveva avuto luogo nella sala dell'Albergo Imperiale, dopo un discorso fremente di patriottismo di Battisti, Guido Larcher uno dei capi del partito nazionale, fece proiettare sul monumento di Dante che s'erge sulla piazza in faccia all'albergo, i tre colori della bandiera d'Italia e condusse tutti sul balcone, dove spiava il commissario politico, esclamando: Questi colori non li sequestra nessuno!
Battisti illustrò la storia dell'italianità del Trentino in quella rivista scientifica ''Tridentina,, che aveva fondato e sosteneva con gravi sacrifici. Ciò diede vita a quelle sue splendide monografie sul Trentino, che dal punto di vista geografico, patriotico, economico e militare sono preziosissime e dimostrano come e quanto egli conoscesse la sua contrada.
Alla camera di Vienna come deputato di Trento sostenne e si battè fieramente pei due grandi principi degl'irredenti: l'autonomia amministrativa del Trentino e l'Università italiana a Trieste. Parlò davanti al governo e ai suoi colleghi con un liguaggio che sembrava temerario. Il deputato tirolese Erler l'interruppe una volta dicendogli che i trentini dovevano divenir buoni tirolesi. Egli rispose con tutta la forza dei suoi polmoni : Mai!
Quando il governo avaro andava per le lunghe nel concedere l'installazione del telefono nel Trentino, egli un giorno chiese in piena Camera se aveva paura che sui fili telefonici capitasse l'esercito di Vittorio Emanuele. Dallo stesso posto definì l'erede al trono d'Austria Francesco Ferdinando un pazzo destinato al manicomio. Sostenne che la cultura italiana non può germogliare in ambiente tedesco, come la palma non nasce sulle Alpi o l'abete nel deserto. Alla Dieta di Innsbruck a cui apparteneva come deputato provinciale osò chiamare l'Austria una bolgia infernale.
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