La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
frettante fortezze, con sotterranei scavati nel cuore della roccia, caverne e pozzi profondi centinaia di metri. Esso aveva bisogno del Pasubio; il perno-della resistenza italiana per quaranta giorni ; i nostri che lo difendevano, non solo non cedevano, ma facevano progressi. Il tratto più complicato e importante restava fra il Civa-ron, l'enorme e solitario scoglio che, staccato dalla catena che limita a nord i Sette Comuni, sbarra all'altezza di Borgo la Val Sugana, e il Monte Basta, ai piedi del quale si apre scoscesa la fenditura dell'Assa che gli austriaci tenevano con due linee parallele di trincee, in fondo alla valle e sulla cresta. La struttura della montagna divide naturalmente questo tratto in due settori. Il primo, a settentrione, era compreso fra l'Or-tigara e il Colombara. Sembra un vasto mare di lava solidificato : le vette nude e tagliate a picco emergono da spiazzi coperti da una distesa erbosa. TI secondo settore era dallo Zebio al Easta. La linea austriaca, passando a mezza costa e in cima alle montagne alte poco meno di 2000 metri guardava la valle di Nos svolgendosi parallelamente e si appoggiava a quattro colossi : lo Zebio, fino alle cui Casere i nostri avevano potuto arrampicarsi a prezzi di inauditi sacrifici ed eroismi ; il Moscia gli memorabile per la difesa della nostra artiglieria nel maggio 1916; l'Interrotto e il Easta.
Gl'Italiani erano più sotto in certi punti a cento, in certi altri a cinquanta a venti metri dalla prima trincea nemica, appastati fra i resti d'alberi troncati dagl'incendi dei bombardamenti. Avevano davanti a se fitte siepi uncinate, nidi di mitragliatrici, più vicine le caverne costruite con ogni artificio, protette da molti metri cubi di roccia e da speciali truppe sostenute da cannoni di grosso calibro.
L'ampia conca della Marcesina e quella d'Asiago e rano sotto gli occhi scrutatori del nemico, ma Asiago, Gallio, Camporovere, Cesuna, paesi e villaggi non c'erano più. Le granate avevano compiuto l'opera demolitrice.
Nei giorni in cui i nostri erano arrivati alle vette di Monte Cucco e del Vodice gli austriaci avevano fatto tuonare tutte le loro artiglierie su quel punto sperando di trattenere la mossa a fondo sul Carso con una minaccia di attacco quasi alle spalle, come quella mossa poteva sembrare.
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