La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
triche riattivarono i trams, l'illuminazione e i telefoni. Alcuni ufficiali del genio si recarono alla ferrovia e trovarono modo di disseppellire il macchinario nascosto e riattivarono i forni. Pattuglie di soldati perlustravano i dintorni per catturare i buoi e le mandre che, senza padrone e senza guida, giravano qua e là. In città soppressero tutti i cani rimasti vaganti e abbandonati. Si videro subito vecchie conoscenze: Monsignor Faidutti, l'avvocato Pinausig di Gorizia e Roberto de Fiori. Costoro si affaccendavano ad aiutare il Comando a costituire con qualche vecchio rimasto in città, un simulacro di magistratura cittadina. Venne affisso un manifesto che garantiva la vita e la proprietà degli abitanti, ma mentre si affiggeva il manifesto, giungeva anche il boia coi suoi manigoldi. Codesto signore indossava la divisa d'ufficiale col grado di maggiore dell'esercito austriaco. Il manifesto garantiva la proprietà ma le botteghe incustodite venivano svaligiate come le case disabitate. Ed ai cittadini rimasti veniva imposta la requisizione dei viveri.
Il 2 Novembre giorno sacro ai nostri morti, cominciò la propaganda per il prestito austriaco. Venne affisso un manifesto cosi concepito: "Il Generale Bo-roevic ha detto che il settimo prestito di guerra austriaco avrà lo stesso successo della dodicesima battaglia sull'Isonzo" Al prestito cominciò a battere la grancassa la "Gazzetta del Veneto", il turpe giornale di Roberto de Fiori che si stampa nella tipografia della "Patria del Friuli" rubata a prò' di una sedicente cooperativa operaia. Un emissario del signor De Fiori gira la città, costringendo i pochi negozianti rimasti a fare inserzioni sullo sciagurato suo giornale.
La nostra povera provincia è stata divisa in tante zone: Udine, Cividale, Gemona, Tolmezzo, Pordenone. Ognuna di esse dipende da un ufficiale dei gendarmi. Da tutte queste località partono convogli carichi di merce e masserizie che vengono trasportati in Austria .
Si è imposto il coprifuoco alle 7 di sera. Non possiamo uscire prima delle 8 del mattino, ma ognuno di noi non uscirebbe, anche se lo potesse. Noi sentiamo .che la nostra città non è più nostra, che essa è gremita di una folla briaca ed avida che dal nostro di-
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