La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini
Paleogo, capo di stato maggior© della spedizione, 11 maggiore Ugo Ojetti, il comandante di tutti i "caccia" dell'alto Adriatico, capitano di vascello Tanca, i capitani di vascello Di Frasso Dentice e Colli di Felizzaiio, il maggior generale Coralli, comandate della seconda brigata bersaglieri, l'avvocato Ara, fuoruscito triestino, ardente patriota, l'ex direttore del Giornaletto, aw. Timens fuoruscito di Fola, infine il dottor Jacchia e il capitano Tebaldi — ancora vestito con la divisa di ufficiali della marina austro-ungarica — partiti due giorni prima da Trieste con il piroscafo Istria per chiedere in nome del comitato di salute pubblica, il sollecito aiuto della nostra forza armata.
All'arrivo della squadriglia nel porto di Trieste tutta la popolazione, circa 130 mila persone, era sulla banchina; folla immensa trattenuta da giovani della Guardia Nazionale, creata dal Comitato di Salute Pubblica.
E questa folla nella ebbrezza del suo entusiasmo protendeva le braccia verso i sopravvenienti.
E' — scrisse un giornalista presente — un'orgia d'amore senza limiti. Dalla banchina la folla si stende su su, fino ai palazzi. I balconi sono gremiti. C'è gente sui tetti, sulle verande, sui comignoli delle navi. Piovono fiori, ghirlande di lauro da ogni parte. L'esplosione della gioia non ha tregue, le parole: Italia, liberatori nostri, Sauoja, si susseguono, si mescolano, si sovrappongono una più forte dell'altra. In un punto della banchina un plotone di soldati czeco-slovacchi con le coccarde bianche e rosse di guarnigione a Trieste, presenta le armi. Le musiche suonano la Marcia Reale, l'Inno di Garibaldi e di Mameli, lo squillo delle trombe non vince il frastuono altissimo delle voci acclamanti. Un rimorchiatore si accosta all'Audace e salgono a portare il primo saluto della città il Governatore, il podestà Valerio dell'ultima disciolta amministrazione liberale, e il dottor Puecher, la più eminente figura del socialismo ufficiale italiano a Trieste. Coi due rappresentanti il generale Petitti si rivolge, dall'alto della prora, alla cittadinanza e con voce tremante pronunzia un discorso rotto ad ogni frase da interminabili acclamazioni.
Nella fiumana di popolo le bandiere infinite sono a-gitate come da una bufera. E un delirio, è una frenesia.
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