La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini

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      grido di "Viva Battisti!" divenne un urlo poderoso, spontaneo, irrefrenabile.
      Il Re abbracciò il figlio del Martire, mentre dalla loggia il volontario Palazzoli agitava una grande bandiera tricolore.
      Il Re quindi, sempre accompagnato dall'on. Orlando e dai generali Diaz e Badoglio percorse in automobile le vie della città, recandosi anche al monumento a Dante, al Castello del Buon Consiglio ed al Duomo. Volle vedere il luogo del supplizio di Cesare Battisti e salutò militarmente la fossa in cui fu sotterrato il corpo del Martire.
      * * *
      Sin dalla mattina del 4 novembre i nostri avevano cominciato le ricerche per trovare il posto dove erano stati gettati i resti dell'Eroe, che la voce pubblica diceva fossero stati trafugati dal castello del Buon Consiglio nel cortile del quale provvisoriamente dopo il supplizio li avevano sotterrati.E con Battisti era stato sepolto Filzi, entrambi senza cassa, in un angolo del muro di cinta. Quando cominciarono le ricerche,in quel posto, indicato da alcuni cittadini, c'era la carogna di un mulo.
      La terra appariva però un po' rialzata, come fosse stata scavata di recente. Si indugiò ad affondarvi le vanghe. Tutti erano persuasi che le ossa di Battisti e di Filzi non vi fossero più. I trentini raccontavano infatti che per tutta la notte del 19 ottobre il Castello del Buon Consiglio rimase circondato da truppe. Ogni accesso era sbarrato. Chiunque si avvicinava era bruscamente allontanato. Qualche nuovo lugubre mistero si compiva là dentro. Dalle case vicine si sentiva nel buio il rumore di vanghe che scavavano il terreno in fondo al piazzale. Subito si comprese. Rubavano i resti dei martiri per gettarli chi sa dove.
      Tuttavia, per maggior certezza, si stava per decidersi a riscavare la fossa profanata quando fu arrestato, nel momento in cui stava per svignarsela il comandante austriaco della piazza di Trento, certo maggiore Podzioruy. L'interrogatorio di questo Podzioruy, trista figura di sbirro assai più che di soldato, mise sulla buona traccia. Era lui che imperava in Castello. Doveva sapere. Doveva perciò parlare. Alle prime domande si schermì. Ma le domande si fecero stringenti, recise, risolute. Lo sbirro capì e cominciò a parlare.
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La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919
di Paolo Pallavicini
Società Libraria Italiana New York
1919 pagine 519

   

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