Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
IIIL RE E I SUOI MINISTRI
« Impavido e securo i — Re iniziatore — Un commento di Collutti — Primo cittadino e primo soldato — Il telegramma a Roma — La giusta visione di Salandra — Ferdinando Martini — « Non si suona musica tedesca » — Lo squillo italiano.
Vittorio Emanuele III, pur mantenendosi rigidamente fedele alle norme che lo Statuto traccia all'ufficio regio, mai fu lontano alle importanti impostazioni della politica nazionale. Sull'opera e sulle responsabilità costituzionali devolute ai ministri, la nazione sapeva, sentiva, che un occhio chiaroveggente era aperto, una volontà ferma e consapevole vigilava senza tregua. Dal giorno in cui aveva dichiarato di ascendere « impavido e securo » a] trono, il Re aveva dato al suo popolo parche ma significative dimostrazioni del suo altissimo senso del dovere, del suo altrettanto elevato concetto delle prerogative regali.
« Non mancherà mai in me la più serena fiducia nei nostri liberi ordinamenti, e non mai mi mancherà la forte iniziativa e la energia dell'azione ».
Queste parole, pronunciate da Vittorio Emanuele terzo davanti al Parlamento convocato per la prima volta dopo il suo avvento ai trono, avevano un alto significato.
« Il giovane Re — commentava Arturo Colautti — fatto forse della carne di quei principi che il Carlyle definisce fabbri della Storia, temprato in puerizia ai più aspri esercizi del corpo e della mente da rigidissima
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