Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
I VEGGENTIil nostro intervento sia fin d'ora per le sorti della patria, necessario e già irrevocabilmente deciso. »
In mezzo a quest'incertezza che dominava nel campo cattolico, rafforzata da sottilizzazioni verbali che nuocevano alla chiarezza delle idee, non tardarono però — come è stato detto — a sorgere voci risolute che caldeggiavano un indirizzo nettamente interventista.
« Quando c'è — scriveva il prof. Guido Falorsi — chi fra le turbe ignare, e a troppo artificio di seduzione abbandonate, d'Italia, parla tuttodì il verbo della codardia; della rinunzia, tutt'altro che francescana, alle animose speranze e al dovere, e prèdica il malaccorto ignominioso egoismo; l'oblio dei fratelli che soffrono, soffrono da generazioni molte, e, non soccorsi, per generazioni molte continueranno a soffrire; è cattolico portare il verbo di una doverosa rivendicazione, l'ardore di una azione liberativa; e per questo, io. cattolico erido quanto più alto mi consentono le forze : Viva Trento, Viva Trieste, Viva Zara, italiane!
« Quando siamo al bivio di fare o non fare una guerra, che, fatta, fatta energicamente, darà alla patria i suoi confini etnici, militari, economici; ne rialzerà gli spiriti; le aprirà legittime vie d'onorati guadagni; vieterà che di là d'onde possono venirci sicurezza, lunga pace onorata, e vantaggi, ci vengano più oltre minaccie, pericoli, danni morali ed economici; mentre, non fatta, darà luogo a vergogne e rovine, io mi sento, come cattolico, in dovere di gridare : Viva la guerra per Trento, Trieste e Zara, italiane!
« Quando, poi, io penso quale infelice condizione è stata, durante più di cinquant anni, per cagioni ch'io non voglio riandare per .non ripetere quanto, polemizzando, ho scritto, ai miei dì, in rassegne e giornali, la condizione dei cattolici nella rinnovellata vita italiana, e misuro il nostro debito antico verso questa cara e povera Italia, e valuto qual tesoro di energie sanatrici possiamo (possiamo, quindi dobbiamo!) portare nell'organamento suo, in quello di tutta la latinità minacciata; fremo all'idea del male che, inerti o biecamente ras-
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