Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAtento del paese, la disorganizzazione delle truppe, la vacuità delle opere farraginose dell'ultim'ora.
« Questo spiega perchè un capitano dando istruzioni a dei sottufficiali si sia lasciato sfuggire queste parole : « Sparate senza pietà sugli italiani che non stanno in prima linea. »
Un giovane trentino, incorporato in un reggimento austriaco, inviato in Galizia e ferito a Przemysl, dopo un corto soggiorno in un ospedale di Budapest e dopo breve licenza, non reggendogli l'animo di tornare a combattere per una causa che gli era odiosa, prese la via dei monti, e, dopo molte ore di stenti e di angoscia, con le ferite riaperte, giunse a Brescia.
Un redattore della Provincia di Brescia potè vederlo e da lui ebbe queste notizie sulle peripezie dei suoi conterranei in Galizia :
Dopo giorni e giorni di marcia forzata — narrò il profugo — tutti i triestini, trentini e fiumani che formavano la maggior parte dell'esercito di Auffenberg vennero a contatto con il nemico e le prime azioni furono favorevoli.
Ma ben presto per la deficienza dei servizi vennero a mancare le munizioni. Allora fu necessario chiamare in aiuto il 98° fanteria. La enorme ondata russa si rovesciò addosso alle file... italiane, e del corpo d'esercito non rimasero che due mortai e dieci pezzi da campagna....
Nascosti nelle trincee alle spalle delle truppe — seguitò a narrare il profugo — molti ufficiali temono più i propri soldati che i nemici. A loro discolpa, però, bisogna riconoscere che si sono avuti molti casi di ungheresi e slavi che hanno loro sparato alle spalle.
Il ferito trentino aggiunse poi che la diserzione continuava, malgrado la più assidua vigilanza del governo e, sotto il piombo dei doganieri austriaci, più di un disertore aveva lasciato la vita.
In fatto di diserzioni, una corrispondenza al Messaggero narrava che al ritorno d'uno scaglione di soldati trentini, mandati su un altipiano verso Lavarone, si con^
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