Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAa Ma l'italiano che va alla guerra per l'Austria, vede soppresso, più ancora della carne, lo spirito. Egli è soldato contro la sua volontà nazionale; combattente contro la patria. I nostri figli sono stati strappati dalle nostre case con la forza, con una rapina legale. La morte in guerra è per loro la morte nella forma più atroce. La morte che si riceve da un assassino, la morte senza conforto e senza compenso. E per di più aspettata, temuta da lungo tempo. E noi, che rimaniamo nelle case, inconsciamente desideriamo che piombi loro celere e tremenda sul capo. Perchè i reggimenti dove i nostri figli marciano sono sempre reggimenti austriaci, e noi desideriamo che i reggimenti austriaci siano annientati.
« L'idillio italo-austriaco intanto è terminato. I manifesti gialli della luogotenenza invitano i sudditi fedeli a denunziare gli individui sospetti; le spie ritornano in circolazione; gli italiani più noti sono sorvegliati e pedinati continuamente. Di tanto in tanto, qualcuno sparisce nel Castello e non se ne sa più nulla. L'ultimo è stato un certo Kalleneiren. Fra le vittime c'è persino u-na donna, certa Fusinato, cassiera in un negozio del Corso, fucilata non si sa perchè. Sono le ultime vendette di chi odia e ha paura...
« Intanto le casse governative e i depositi delle banche sono stati portati a Graz. È una specie di contribuzione di guerra alla rovescia. Di quei milioni trasportati al sicuro, gran parte è triestina, proprietà di triestini, tutto lavoro triestino. Non li vedremo mai più. Quando la guerra irromperà anche sui nostri confini, quei milioni saranno portati più lontano e nessuno renderà più conto dell'immane furto perpetrato col pretesto della protezione dei nostri interessi.
« Ma l'Austria non si contenterà di derubarci. Quando le truppe solitamente di guarnigione a Trieste furono mandate verso la frontiera settentrionale, a sostituirle fu fatto calare da Lubiana un battaglione della territoriale, slavo, il quale entrò in città cantando inni nazionali e urlando minacce contro gli italiani. Contrariamente al solito, i superiori lasciavano fare. Evidentemente si voleva lasciare che i soldati si accendessero,
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