Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAtrascorsi molti in Germania, dove sono stato successivamente impiegato presso grandi ditte di Amburgo, di Berlino, di Francoforte. Ultimamente avevo un posto assai remunerativo a Berlino, avevo una situazione economica vantaggiosa, data la mia giovanile età, avvalendomi molto bene delle mie attitudini di poliglotta e di perito in dottrine commerciali. Allo scoppiar della guerra, fui licenziato come moltissimi altri miei connazionali stabiliti in Germania. Allora risolvetti di partire per l'Italia.
Da Berlino — ha proseguito il Lorenzini, che è nativo di Pisa e figlio di un alto impiegato delle ferrovie dello Stato, in pensione — mi recai, a mie spese, a Fran-coforte sul Meno. A Francoforte seppi che erano concentrati la maggior parte degli italiani della regione rim-patrianti in massa a spese del consolato, e anche io mi presentai al console. Questi mi firmò il biglietto per la frontiera italiana, per la via del Tirolo.
Partii da Francoforte con altri dieci connazionali, tutti distinte persone, professionisti o viaggiatori di commercio. Durante il tragitto su territorio tedesco, ad o-nor del vero, fummo fatti segno ad agevolazioni e cortesie. Messo piede, però, in Austria, cominciarono le dolenti note.
Alla stazione di Kufstein, che precede quella di Innsbruck, montò in treno uno stuolo di poliziotti, che a noi italiani chiesero le carte di riconoscimento. Esibimmo i nostri documenti e i poliziotti li ritirarono col pretesto di doverli far vidimare dall'autorità imperiale e reale di Innsbruck, alla cui stazione ce li avrebbero restituiti. Ad Innsbruck, ci si fece discendere tutti dal treno con l'invito di recarci al posto di polizia della stazione, dove avremmo dovuto ritirare le nostre carte di riconoscimento personale.
Era un tranello! Al posto, fummo rinchiusi tutti e undici nella sala di sicurezza. Chiedemmo il perchè del nostro sequestro di persona e ci si ammonì di tacere.
Al calar della notte, fummo fatti uscire di prigione ed entrare in uno stretto carro automobile, dove venimmo pigiati come galeotti.
Per trent'ore circa, viaggiammo in quel carro, che
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