Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
GLI INTELLETTUALInostra uscita da un contegno di passiva neutralità il paese dev'essere preparato : ed anzi dev'essere preparato a che se ne esca al più presto. »
Assurgendo poi alla visione politica.generale e desumendone le conseguenze che dovevano ripercuotersi sull'atteggiamento dell'Italia, il colonnello Barone scriveva :
« Non si sarebbe dall'Austria dato fuoco alla miccia e non si sarebbe provocato il cataclisma odierno, del quale mai nella storia si è visto l'uguale; non si sarebbe impegnato il gioco terribile, nel quale tutti, senza eccezione di nessuno — forse dell'Inghilterra soltanto, per la speciale situazione sua — puntano sopra una carta il loro avvenire; non si sarebbe venuti a tutto questo, se la vincita, per l'Austria, non fosse ragguagliata alla posta : « si le jeu ne vaiati pas la chandelle »; e, insomma, si fosse trattato per essa di qualche cosa meno di questo, di tentar cioè di riaprirsi, sia pure attraverso a sanguinose ecatombi, quella via all'Egeo che le era o le pareva additata dalle necessità medesime della sua esistenza, che fu il sogno perseguito per lunghi anni con tenacia incrollabile, e del quale i risultati non previsti della guerra degli Stati balcanici contro la Turchia segnarono il tramonto. Non è in questo, appunto in questo, la ragione per cui noi, dai due alleati della Triplice, fummo tenuti all'oscuro di tutto? Non è appunto perchè sapevano che noi, preavvisati, avremmo tutt'altro che concesso il nostro assenso a una impresa la quale, riuscendo, avrebbe ferito tanti nostri interessi, non è appunto in questo la ragione per cui fecero di lor testa senza di noi?
« Se questo nostro punto di vedute è, come crediamo, esatto, la risposta al quesito « contro chi? » sembra a noi che finirà con l'imporsi per la inesorabile forza delle cose; perchè — pare a noi — sarà ben difficile indurre il nostro vicino d'Oriente a compensi, i quali valgano a sanare il turbamento profondo che, a nostro danno, il successo vittorioso delle sue mire porterebbe nell'equilibrio balcanico ed in quello adriatico.
« Possiamo ingannarci, ma tutto ci porta a supporre che di questo anche il paese abbia la coscienza, per quanto indistinta e vaga; e che il giorno, assai prossimo,
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