Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
GLI INTELLETTUALIpubblico, passata al vaglio di una discussione definitiva. E l'opera degli intellettuali vi fu valutata in tutta la sua importanza.
Il punto di partenza della polemica fu un articolo del giornale torinese, in cui si diceva che traditore sarebbe quel Governo il quale trascinasse l'Italia negli orrori di una guerra per ragioni puramente ideali di affinità etnica o di simpatie politiche. Le forze e l'avvenire di una nazione — affermava la Stampa — non si devono impegnare per ragioni ideali, ma soltanto per interesse : il nostro paese pertanto non può scendere in campo se prima non si è assicurato i compensi necessari e non ha stretto una alleanza colle Potenze della Triplice Intesa che lo garen-tisca dalle conseguenze di un terribile isolamento anche dopo la guerra.
La Stampa — rispondeva il giornale milanese — sfonda una porta aperta quando dice che sarebbe follìa entrare in guerra solo per affinità etniche o per simpatie politiche. Quanto a ragioni ideali non specificate, molto si potrebbe discutere, perchè vi sono ragioni ideali che coincidono mirabilmente cogli interessi. Non sarebbe, ad e-sempio, un'ora estremamente grave e pericolosa per noi quella in cui la Francia fosse prostrata, umiliata e cancellata dal novero delle grandi Potenze e diminuita di altri territori; il piccolo ma sublime Belgio fosse annesso alla Germania; la Serbia fosse inghiottita dall'Austria spingentesi fino a Salonicco; l'egemonia marittima inglese abbattuta per far posto ad una egemonia teutonica estendentesi al mare come alla terra; l'Islam rialzasse il capo e sperasse le sue maggiori restaurazioni?
Poi, riassumendo tutta la campagna condotta dalla Stampa, che aveva formulato in un certo momento delle pretese sulla Corsica e su Gibuti ed altre terre, il Corriere osservava :
« Non siamo affatto disposti a dare fin da oggi del traditore al Governo, se ad esempio, in cambio del nostro intervento non ottiene dalla Francia la Corsica. A fissargli limiti così rigidi si fa propaganda nettamente neutralista. Infatti si svaluta completamente l'importanza colossale che hanno per noi l'integrazione dei confini
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