Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio

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      LE NOSTRE TERREnon si è punto esaurita, ma continua la storia delle discendenze nobiliari.
      Le seicentesche fronti di certe dimore — scrive Tomaso Sillani — recano la nobiltà delle origini fieramente scolpita sui blasoni di marmo ohe sovrastan gli architravi o toccan le gronde. Ad uno svolto, la Piazza Grande s'apre col suo mirabile tesoro architettonico, da cui è chiusa per tutto un lato e suggellata di gloria.
      Il Palagio del Pretore che Capodistria rinserra tra le sue case, quasi a difenderlo con cento baluardi da ogni possibile assalto, è una delle più salde cittadelle d'italianità ohe l'Istria possegga. Se fosse alzato in cima ad un colle potrebbe essere chiamato Acropoli. Così come appare, ha l'aspetto della rocca e del tempio assieme : e d'entrambe le cose possiede la significazione alata e profonda.
      Due torri sorreggono e fortificano la compagine. E tra le gagliarde sagome di esse il corpo centrale dell'edificio si apre, rotto sulla sinistra da un cupo voltane sorreggente la balaustra e il piano della scalea e-sterna adducente al salone del Gran Consiglio. Sui fastigi delle torri, oltre la sottile zona frontale, una fila di merli ghibellini chiudenti alle due estremità supreme le garrule campanelle dell'arengo, si stende. Sotto son l'arme, gli scudi, i leoni col santo libro degli E-vangeli e le parole solenni : Pax tibi Marce. Sono le lapidi con le scritte e il ricordo dei cinque Dogi che la Città mandò alla Serenissima Repubblica. Sono i fine-stroni ugnoli, duplici, triplici, quadruplici : alcuni ogivali come sul Canal Grande, tali altri a tutto tondo con lievi fasce candide e cornici esigue poggiate e raccolte sulle colonnine leggere. Il biancicar delle pietre pone sull'austerità degli intonachi una festevolezza bizzarra.
      Rimasto incontaminato attraverso i secoli, il palazzo appare quale il Carpaccio lo disegnò, scenario d'uno de' suoi fastosi e fedeli cortei. Nulla è mutato in esso : la dominazione austriaca non v'ha posto alcun segno. Solo la Cibele romana ohe sovrasta il maschio, in un più largo intervallo tra due merli bicorni, ha
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Storia della Grande Guerra d'Italia
Volume 8. Le nostre terre (Dal Brennero alla Dalmazia)
di Isidoro Reggio
Istituto Editoriale Italiano
pagine 167

   

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