Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio

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      LE NOSTRE TERREdopo, l'umanista Elio Lampridio Cerva si doleva che a Ragusa fosse scomparso del tutto quel vernacolo ereditato da Roma, ch'egli aveva ancora udito da fanciullo suonare sulla bocca di vecchi avvocati, peroranti le cause. Ora « usiamo lingua scitica », afferma egli in una lettera; e in certi versi si augura di poter almeno detergersi, coi suoi concittadini, degli illirici solecismi, e apparire « vera colonia di Romolo ». Non sembra ch'egli facesse grande differenza nella sua repugnanza per l'importata barbarie, tra scitico e illirico; ma questo secondo nome deve alludere alla pretesa sorta nel Rinascimento presso una parte dei dotti slavi della Dalmazia — anche per reazione a quelli che volevano essere puri romani — di avere nelle vene il sangue dei veri aborigeni del paese, di dipendere cioè direttamente dagli antichissimi Illiri. Questa bella teoria etnograjfica non manca tuttora presso gli slavi, come è naturale, di qualche fedele seguace...
      A Ragusa gli atti continuarono a scriversi in latino fino al principio del secolo decimonono, cioè fino alla scomparsa della piccola repubblica; e l'italiano non solo rimase noto a tutti, com'è dovunque nella bilingue Dalmazia, ma lo slavo usato da talune popolazioni è pieno di vocaboli italiani.
      Un secolo prima o dopo, come a Ragusa o in un modo poco diverso, dovette perire in tutta la Dalmazia la lingua latina originaria, in parte per la pressione dello slavo*, in parte per l'attrazione del veneto. In una sua relazione, Giambattista Giustiniani, uno dei due magistrati veneziani che nel 1553 furono mandati in sindici, provveditori et avogadori a tutte le terre del Goljo, dà notizia degli uomini, dei costumi e spesso della lingua delle singole terre dalmate, ma fa menzione soltanto per l'isoletta di Veglia — la più settentrionale delle isole dalmatiche — di una lingua speciale, che gli aveva fatto l'effetto di un gergo (calinone), e aveva preso per slava, benché diversa dallo slavo solito della Dalmazia :
      « Gli habitanti (della città) parlano lingua schiava, ma differente dall'altra, di maniera che hanno un idio-
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Storia della Grande Guerra d'Italia
Volume 8. Le nostre terre (Dal Brennero alla Dalmazia)
di Isidoro Reggio
Istituto Editoriale Italiano
pagine 167

   

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