Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio

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      LA GRANDE GUERRA D'ITALIAma proprio, e si assomiglia al calmone, ma tutti indifferentemente parlano italiano francamente. »
      Certo è che a Veglia il dalmatico trascinò più a lungo che altrove la sua esistenza, in un impari conflitto col veneto, dal quale andava ogni giorno più accattando forme e vocaboli, e quivi alfine rese l'ultimo fiato.
      Noi possiamo dire in che anno, in che giorno e ora precisa — afferma il Parodi — sia stata spenta in terra l'ultima voce della lingua romanza originaria dell'Adriatico orientale. La sera del 10 giugno 1898 un giornale di Trieste recava la triste notizia che un vecchietto della piccola isola di Veglia, Antonio Udina, di 77 anni, alle ore 6,30 era stato ucciso dall'improvviso scoppio di una mina, mentre, lavorando con altri a riattare una strada, « stava sopra il sasso per tenere il ferro di carica ». Era l'ultimo — avvertiva il giornale — di una generazione che se ne va, ed era il solo che conosceva e parlava perfettamente l'antico dialetto romanico di Ve-glia.
      A questo, dunque, il destino aveva voluto anche accelerare violentemente la prossima e indeprecabile fine! L'isoletta di Veglia aveva conservato per l'ultima, gelosamente, la memoria del moribondo idioma, che via via ritraendosi dal Mezzogiorno, forse già da qualche secolo s'era venuto rifugiando lassù, come la vita a poco a poco delle membra di un gran corpo si ritrae tutta nell'estremo battito del piccolo cuore; e il vecchio Antonio Udina aveva alla fine, solo tra' suoi conterranei isolami, tutto raccolto e concentrato in sè quel retaggio, che non sapeva, o appena potè alla lontana sospettare da ultimo, quanto fosse prezioso e grande.
      Egli aveva imparato l'antico dialetto dalla nonna, poiché i suoi genitori a lui parlavano in veneto, e solo fra loro, per non farsi capire, usavano il veglioto. Quando l'Udina morì, da parecchie decine d'anni non parlava, e, anzi, non avrebbe più potuto parlar veglioto con nessuno; poiché nessun'altro ne ricordava più se non qualche frase e qualche verso di canto popolare, che neppur intendeva bene, e solo condizioni eccezio-
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Storia della Grande Guerra d'Italia
Volume 8. Le nostre terre (Dal Brennero alla Dalmazia)
di Isidoro Reggio
Istituto Editoriale Italiano
pagine 167

   

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