Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LE NOSTRE TERREnalmente favorevoli — tra queste una tenacissima memoria — avevano reso possibile all'Udina di rammentare tanto più e tanto più tardi.
L'idioma dalmatico perì parte sotto i colpi dello slavo — e molte sue reliquie sono tuttora riconoscibili non difficilmente nei dialetti slavi della regione; — parte sotto quelli del veneto dal secolo decimoquarto in poi. Come scriveva lo storico Lucio, esso si fece sempre più simile alla lingua di Venezia, tanto più pericolosa perchè affine. Il veneto della Dalmazia, dunque, è una importazione della meravigliosa repubblica, emula di Roma, e nel senno e nella capacità assimilatrice; è un elemento non antico, che si sovrappose in parte bensì allo slavo, ma in parte pure al dalmatico.
E quivi dunque rappresenta l'erede latino del predecessore latino. Venezia, che contribuì energicamente ad uccidere in Dalmazia il dialetto ereditato da Roma, in questo modo aveva potuto salvarvi la latinità, sovrapponendovi la sua; e a salvarla e a mantenerla abbastanza florida e sicura fu sufficiente il suo nome e il suo glorioso ricordo fino a tempi non lontani : fu sufficiente fino al giorno della battaglia di Lissa...
Il dialetto veneto, erede dell'antico idioma latino, si era dunque radicato nella Dalmazia mantenendo il carattere italico a buona parte della popolazione. E certamente l'elemento italiano avrebbe guadagnato terreno sull'elemento slavo ed avrebbe agevolmente compiuto l'opera di assorbimento della stirpe di minor cultura, se a mutare il decorso naturale delle cose non fosse intervenuta la politica austriaca.
Vienna decise lo sterminio completo dell'italianità della Dalmazia : ed attuò il piano senza scrupoli, senza quartiere, con meditata barbarie.
Un massacro nazionale — scrive Virginio Gayda. — Lo si è pensato freddamente, lo si è organizzato come una impresa di Stato, scegliendo gli uomini e i sistemi : lo si è cominciato a un momento precìso, con uno scopo determinato, e proseguito implacabilmente,
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