Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LE NOSTRE TERREgnificherebbe la rinuncia imposta all'Italia alla sua supremazia naturale nell'Adriatico. Gli italiani della Dalmazia sono consci della loro alta missione : vigilare sui diritti millenari della nazione; difendere ogni palmo di terreno sull'altra sponda del mare italiano; formare il ponte naturale fra la civiltà del mondo latino occidentale e quella del mondo slavo orientale.
Ancora tutto ciò che vi è di civile in Dalmazia, è italiano : lingua, usi, costumi, arti, lettere.
Più di un terzo della proprietà fondiaria, delle industrie, dei commerci, è in mano della borghesia italiana, conscia della propria nazionalità; più di un terzo delle imposte dirette è pagato in Dalmazia da contribuenti italiani; un altro terzo circa della proprietà fondiaria è della Mano Morta (chiesa cattolica, in minima parte della chiesa ortodossa). Tutte le maggiori industrie in Dalmazia sono di iniziativa italiana e in massima parte ancora in mano degli italiani, nonostante tutti gli sforzi, le angherie e i fiscalismi per strapparle loro, messi in opera dalle autorità austriache.
I maggiori commercianti di Dalmazia sono in gran parte italiani : produttori di vini, di olii, di mandorle; armatori .delle maggiori società di navigazione della provincia. Anche il piccolo commercio e le piccole industrie sono ancora in gran parte in mano di italiani nelle città maggiori, sebbene tutti gli sforzi delle nuove amministrazioni comunali siano da anni diretti contro di loro. Il ceto operaio è pure in maggioranza italiano.
La Dalmazia è necessaria alla difesa etnica dell'Istria e di Trieste. Per comprenderlo bene bisogna a-nalizzare attentamente le posizioni slave, che chiudono e premono verso il mare, in un grande arco, l'indigena italianità superstite dell'Austria.
Da tutte le direzioni della terra ferma — nota Virginio Gayda — gli italiani dell'altra sponda sono minacciati dagli slavi. Ma il movimento propulsore, che orienta tutte le correnti slave, viene dal sud, dai serbi, a traverso la Bosnia-Erzegovina, che, dopo le due guerre balcaniche, è la prima tappa della nuova espansio-
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