Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LE NOSTRE TERREconvinzione che per l'Italia fosse una necessità assoluta militare e politica di avere il Trentino e la completa frontiera orientale.
Visto che il Governo indugiava e che la scadenza della tregua d'armi era imminente, il comandante supremo, Lamarmora, assunse su di sè la responsabilità dell'armistizio : e lo dichiarò al Re. Questi, narra il Massari, commosso fino alle lagrime, strinse la mano al generale, reclamando la propria parte di responsabilità.
— Mi biasimeranno, — diceva il Lamarmora, — mi chiameranno traditore, mi metteranno in istato d'accusa : non mi fa niente; piglio su me tutta la responsabilità; la responsabilità, Maestà, sarà tutta mia.
— No, no, questo è troppo, — replicava Vittorio Emanuele; — è troppo, caro Lamarmora; voglio la mia parte anch'io.
L'armistizio venne firmato a Cormons l'il agosto dal generale Petitti in nome di Lamarmora. La sera stessa il Re mandava da Padova a Ricasoli un telegramma, annunciandogli la conclusione dell'armistizio, ed aggiungeva :
« Mai non ho sofferto tante angustie e tanti tormenti come quelli che ho dovuto sopportare in questi giorni per avviare a conclusione questo maledetto armistizio, che mi ha fatto passare due notti insonni. »
Le preoccupazioni del Re erano originate anche dal fatto che il significato del « Veneto » che doveva essere ceduto all'Italia non era ancora ben chiarito.
Govone, mandato al campo prussiano, vi era giunto a cose fatte. Il 28 luglio egli mandava a Visconti-Ve-nosta, ministro degli Esteri, una relazione in cui comunicava l'inflessibile risposta di Bismarck : non poter l'Italia negare l'armistizio, poi che otteneva la pattuita cessione del Veneto. E Guglielmo I rispose in modo anche più categorico del suo ministro.
Scriveva il Govone in quella sua nota :
« Esposi a S, M. come già avevo fatto al conte Bismarck, la lealtà e la fermezza ammirabile di re Vittorio Emanuele dinanzi alla pressione francese, la lealtà con
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