Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LE NOSTRE TERREcerto essere state ripetute da lui, nel 1877, al Dépretis ed al Melegari.
Nei primi mesi del 1877, la stampa ufficiale italiana accennò a rivendicazioni territoriali, tanto da provocare da parte della stampa viennese risentite proteste contro le nostre « velleità annessioniste ».
L'Europa attraversava gravissimi momenti : era necessario quindi per l'Italia provvedere ai casi propri. Francesco Crispi sollecitò di « imprimere alla politica e-stera un nuovo indirizzo, prudente, ma ardito e più rispondente all'importanza del nostro paese in Europa ed ai nostri legittimi interessi »; e riuscì a farsi assegnare u-na missione diplomatica relativamente alla stipulazione di un Codice internazionale, missione che gE avrebbe dato campo di saggiare il terreno presso le varie diplomazie e di guadagnar amicizie alla causa italiana.
Prima di partire per l'estero, egli prese gli ordini di Vittorio Emanuele II. Di questo colloquio col Re, egli dà relazione al Depretis come segue :
« Il Re nulla spera da una combinazione in conseguenza della guerra d'Oriente. Crede anche lui che sia tardi e che non vi sia più posto per noi. Nulla di meno, mi raccomandò di fare tutto il possibile onde vedere di entrarci con qualche profitto. Il Re sente il bisogno di coronare i suoi giorni con una vittoria, per dare al nostro esercito la forza ed il prestigio che in faccia al mondo gli mancano. È linguaggio da soldato, e lo comprendo... Ed il Re ha purtroppo ragione. Se nel 1866 i generali non ci fossero mancati, ed avessimo vinto nel Veneto e nell'Adriatico, gli austriaci non oserebbero parlare e scrivere di noi siccome fanno. L'esercito italiano avrebbe in Europa quell'autorità che gli fa difetto, e la parola d'Italia avrebbe una maggiore importanza presso i Gabinetti. Ripariamo, se possibile, il vuoto, e, poiché ci credono buoni diplomatici, facciamoci valere affinchè la patria nostra provi, a coloro che non la rispettano abbastanza, che essa è qualcosa nel vecchio continente. »
Crispi andò anzitutto a Parigi; passò poi a Gastein,
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