Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LE NOSTRE TERREne possibile quella che l'Italia si prendesse l'Albania od un'altra terra turca nell'Adriatico; però Crispi ribadì il concetto che l'Italia non aveva da pensare che alle proprie frontiere, e pregò Bismarck di parlarne ad Andras-sy. Bismarck però si schermì, dicendo di non poter toccare la questione della Bosnia e quella delle frontiere, non volendo urtare Andrassy.
Francesco Crispi passò poi a Vienna, ove ebbe campo di constatare che la stampa, gli uomini politici, il Ministero, la Corte, tutti erano avversi all'Italia.
Da Vienna, Crispi andò a Budapest, ove conferì col cancelliere austro-ungarico, Andrassy. Questi espresse l'avviso non essere utile per l'Italia di turbare il buon accordo con l'Austria con esigenze praticamente non attuabili.
« Non sempre il principio di nazionalità è applicabile, ne in tutti i luoghi, ne è norma la lingua a stabilire la nazionalità; non si fa la politica con la grammatica. La nazionalità è stabilita da vari elementi : precede innanzi tutto la topografia e seguono le condizioni economiche che valgono ad alimentare la vita delle popolazioni. »
Crispi scriveva, il 30 ottobre 1877, a Depretis :-
« A me Andrassy non lo accennò, ma Robilant mi disse ohe, ragionando col cancelliere austro-ungarico, questi, in tutte le questioni territoriali, avrebbe sempre risposto che l'Impero era pronto a farle decidere con le armi.
(( È quindi interesse di patria di tenerci in condizioni da poter dire anche noi di poter ricorrere alle armi se tale debba essere la sorte cui ci spinge l'avvenire. »
Ma la diplomazia italiana sperava ancora di ottener parecchio (anche allora!) con la neutralità. Benedetto Cairoli non voleva nessun accordo con nessuna potenza.
« L'Italia, — egli diceva, — in amichevoli relazioni con tutte le potenze, saprà, col proposito di una neutralità sottratta ad ogni pericolo, mantenersi rispettata. »
Corti diceva che, se avesse dovuto esprimere un apprezzamento per il caso che più gravi complicazioni a-
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