Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAFederico Seismit-Doda, nato sulla riva dalmata, divenuto veneziano d'elezione, e die più tardi doveva essere ministro del Regno d'Italia, fu in quel tempo quasi il simbolo vivente dell'unione tra le due sponde adriatiche.
Porta la data del 1848 un suo scritto, nel quale è ritratto l'impeto d'affetto che spinse l'una verso l'altra le due maggiori città delle sponde sorelle.
« Trieste e Venezia : •— egli scriveva — con queste due parole, ricambiate oltre allo Adriatico, si dava tra noi nobile esempio di generose simpatie, che più tardi fecondarono generosi incancellabili fatti.
« Oggi, grazie a Dio, il citare un nome, caro e riverito all'Italia, citare il nome di Vincenzo Gioberti daccanto a queste due parole di fratellanza cittadina, non è colpa, non è preludio a sventure; è gloria, è garanzia di avvenire, non immeritato se lieto dev'essere, come i tempi il promettono. Oggi il vincolo d'affetto, che strinse già Trieste e Venezia in mezzo ai balli, alle gite alle liete e fastose accoglienze, quel vincolo, io dico, oggi è sacro, si è reso indissolubile; perchè lo consacrarono non tripudii, ma sventure comuni e dopo le sventure le speranze e le gioie comuni; non le gioie di un giorno, ma quelle bensì che si legano alla storia delle nazioni, all'esistenza di un popolo. E questi son vincoli, che durano fin che all'uomo e al cittadino dura un cuore e una patria.
« O Veneziani, piangendo di gioia, io scrivo questa pagina, che mi trabocca dal pensiero rigenerato, dalla coscienza che dessa verrà letta piangendo. Le prime parole mie, non contorte da sospetti, non fiaccate da paure, non istudiate a conciliare Satana e Cristo, le prime libere mie parole, accennano un fatto memorabile e generoso, domandano l'amore di città a città, l'effusione degli affetti, come regnò sempre fra amen-due quella delle idee, sterili per breve tempo, dei desidera, efficacissimi sempre. E questa è a me gloria, che nessun patimento mi farebbe disconoscere, mai.
« Ieri, sabato 18 marzo, una folla plaudente accorreva in Trieste dal palazzo municipale, sotto cui salutò
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