Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAabbia suscitata ne' Veneziani, io lascio su questa pagina, insieme ai più affettuosi desiderii miei, i seguenti versi, che ier mattina la riconoscenza dell'atto generoso mi spingeva dal cuore sul labbro, davanti ai raccolti Triestini.
« Il voto che i poveri versi miei ieri formarono, era già da tempo sancito; da oggi in poi, è fatto inviolabile, perchè lo consacrò il più inviolabile dei doveri, il più santo : la carità della patria____ »
In quei suoi versi il Seismit-Doda invocava un patto, sacro come il comune dolore del passato, un patto d'amore tra le due città, alle quali « Dio disserra del futuro il varco ».
Federico Seismit-Doda non potè vedere il giorno auspicato. Giunto al fastigio del potere, dovette lasciare il suo ufficio di ministro per una manifestazione irredentista. Era uno dei tanti sacrifici che l'Italia si piegò a tributare all'Austria alleata. E quando squillò la diana della redenzione, il Seismit-Doda aveva seguito nella tomba tanti altri precursori...
La guerra mondiale era già scoppiata e l'Italia stava avvicinandosi passo a passo alla grande ora del suo intervento, quando uno dei più ardenti propagandisti irredenti, Attilio Tamaro, tenne a- Venezia una conferenza sulla missione dei veneti. Era una eloquente riconferma del vincolo ideale che, nei secoli, collegò le due sponde; era un auspicio rivolto all'avvenire.
« Non esiste più — egli diceva — il dominio di San Marco, non più la Serenissima Repubblica, se non nel fasto amplissimo e superbo della sua infinita gloria. Sulla piazza vostra, però, splendono al sole i vessilli d'Italia, la libertà d'Italia corona la vostra storia, l'anima d'Italia s'esprime nell'anima vostra, la giovinezza d'Italia cerca nella vostra volontà l'atto della sua potenza. Non più Comunità veneta, ma Italia, non più San Marco, coi zentilomeni, coi cittadini e coi subditi, ma Savoia e popolo d'Italia! Ai fratelli d'Italia quindi, non più al Doge, non più aH'Eccellent ssimo Consiglio, portiamo qui in Venezia le nostre domande italiane. Ma,
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