Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRAND'E GUERRA D'ITALIAriale e morale. Per questo non è necessario di insultare alcuno e, qualunque possa essere la nostra condotta politica avvenire, chiunque possa essere il nostro avversario di domani, ricordiamoci che non è lecito dimenticare quello che la civiltà contemporanea deve alle grandi potenze che ora si combattono, a tutte, e, prima di tutte, alla Germania. E si smetta, per l'amor di Dio, dal ricorrere ai vecchi luoghi comuni come quello del « genio » latino in opposizione al « metodismo » tedesco!
« Noi possiamo discutere se il piano grandioso a cui la nuova Germania ha dedicato per cinquant anni u-na somma di energie di cui nessun popolo sarebbe stato forse capace, contenga in sè stesso il germe della sua disfatta, se questo germe sia il militarismo soverchiante o un'aberrazione collettiva che ha tolto la possibilità di una serena valutazione dei coefficienti reali, se sia utile, per i non tedeschi,' che il grande sogno teutonico si realizzi, se sia necessario, magari, di opporvisi, ma non contribuiamo col nostro consenso o col nostro silenzio a far credere alle masse le iperboli odiose dei gazzettieri ignoranti o dei letterati maniaci che nella scomparsa, se pur fosse possibile, di una grande nazione vedono, non un lutto, ma una speranza della civiltà futura!»
Benedetto Croce, ch'era stato fatto segno a vivaci attacchi in seguito ali suo atteggiamento neutralista, spiegò più tardi il suo pensiero in questi termini :
<( Io ero di quei moltissimi italiani (moltissimi, sebbene non tutti abbiano avuto l'occasione o il coraggio di parlare in pubblico), che non vedevano bene l'istigare, che da molte partì si faceva, l'Italia a precipitarsi in lina gravissima guerra per ragioni non chiaramente nazionali, e che perciò si erano assunti l'ingrato ufficio di avvocati del diavolo, affinchè, se la guerra doveva accadere, accadesse solamente r>er vera e comprovata necessità nazionale. Ma io e i miei amici, nel giornale che pubblicavamo intitolato Italia nostra, non mancammo di protestare ripetutamente ohe la decisione ultima spettava a chi rappresentava lo Stato, e che, presa la decisione, quale che fosse, tutti avremmo ubbidito e colla-
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