Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
L'INIZIO DELLE OSTILITÀ
Trevelyan giudicava la guerra una rivoluzione morale e politica.
K L'anima dell'Italia — egli diceva — si è risvegliata da un lungo sogno di materialismo e di indifferenza. Essa merita ancora di essere cantata da Swin-burne. L'Italia è quella che è sempre stata: uno scettico apparente, con un'anima ardente nascosta. »
Nelle more della neutralità, i limiti dei nostri doveri e dei nostri diritti erano stati ampiamente demarcati. Il popolo italiano sapeva di non mancare, dichiarando la guerra all'Austria, ad alcun obbligo derivante dagli antichi legami; sapeva di trovarsi in una situazione giuridica netta e inoppugnabile.
Lungi dal consacrare la rinunzia delle nostre aspirazioni nazionali, il trattato della Triplice prescriveva e-splicitamente all'Austria l'obbligo di dar soddisfazione a quelle legittime aspirazioni non appena l'occasione storica se ne fosse presentata.
11 patto internazionale era stato quindi violato dall'Austria, con la complicità della Germania, fin da quando quella dichiarò la guerra alla Serbia, a nostra insaputa e contro la nostra volontà, col preciso scopo di turbare lo staki quo balcanico e senza offrirci alcun compenso.
La Germania e l'Austria ritennero o fìnsero di ritenere che codesta violazione da parte loro fosse stata sanata dalla nostra dichiarazione di neutralità.
Tutta la loro difesa non era poggiata su altro che su questo cavillo procedurale e sulla postuma qualifica di artificiosità che esse attribuivano alla nostra domanda di compensi.
Quanto alla presunta intempestività della denunzia del trattato, gli italiani sentivano che finché durava la violazione da parte degli Imperi, vale a dire finche durava la loro guerra-contro la Serbia, permaneva il nostro buon diritto a denunziare il trattato : dovendo noi fare uso delle armi per reintegrare la violenza patita, era ovvio che volessimo esser noi a scegliere il momento per impugnare le armi.
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