Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAviltà umana, volerla distruggere non per vincere il nemico armato, ma per abbattere una bellezza.
« Nè tale premeditazione è effetto della dittatura recente, che ha spianato Lovanio, che si ostina in perseveranza di crimini contro Reims. Dall'impero romano in poi, le stesse genti si sono ugualmente scagliate contro i monumenti magnifici che il genio latino moltiplica ed esse sono impotenti a costruire. È l'odio di razza inferiore cóntro le testimonianze eloquenti della superiorità altrui. E poiché la tradizione feroce di odio distruttore continua, dobbiamo concludere':
« 1° Che la coltura celebrata è soltanto una esteriorità che non penetra nella coscienza collettiva e non la rinnova;
« 2° Che colla guerra noi difendiamo insieme al diritto anche la superiorità ideale della nostra stirpe, la storia, l'arte, il pensiero, la gloria santa dell'Italia.
« Perciò, per difendere ciò che abbiamo di più puro, di più bello, di più nostro, i soldati italiani continueranno a combattere e a vincere. »
E Adolfo Venturi scriveva :
« La distruzione vandalica della creazione del Tie-polo a Venezia mi ha addolorato, non sorpreso, perchè già ho molto pianto nel vedere l'ira bestiale degli Austriaci sfogarsi contro ogni segno della civiltà italiana nel Trentino, nell'Istria e nella Dalmazia. Nel castello di Trento, nelle stanze gloriose per l'arte italiana e per l'umanesimo di Bernardo Clesio, ho sentito risuonare gli scarponi ferrati delle soldatesche austriache; a Grado, nel Patriarcato, ho veduto piantar l'insalata sul mosaico cristiano; a Parenzo, mi son coperta la faccia, nel rivedere insultata l'opera di Antonio Vivarini da un imbianchino patentato dal reale ed imperiale governo; in Dalmazia, ho veduto abbattuti, sfigurati, con le ali spezzate, i simulacri della potenza e della civiltà veneziana : il leone di San Marco. E a Vienna, nell'Hofmu-seum e nell'Accademia, son prigioni nelle stanze, tutti in fila, con cornici tutte uguali, dispósti come in una caserma, col loro numero d'ordine, i quadri divelti da Venezia, i tesori rubati dalle chiese istriane. La feroce ma-
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