Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
IL. PRIMO ANNO DI GUERRAvolta, in una sola giornata : conquistare un trinceramento può ritenersi un reale progresso dopo una sanguinosa giornata e l'attaccante per progredire si vede costretto ad affrontare perdite rilevanti.
La guerra del movimento, manovrata, la battaglia classica in cui aveva mezzo di rifulgere il genio strategico, ha ceduto il posto alle guerre della stabilità, dell'attaccamento tenace al terreno, per poco che una delle parti belligeranti abbia il tempo di attaccarvisi, giacche se a ciò riesce, diffìcilmente se ne può venire a capo e snidarlo dalle posizioni saldamente occupate, specialmente se occupate di lunga mano.
« La battaglia dell'Isonzo — notava in proposito un critico militare — che arde da parecchio tempo, si è intensificata in questi ultimi giorni, e pare chiaro che sia stata condotta col criterio di rompere l'equilibrio con opportuno concentramento di forze. Senonchè la linea dell'Isonzo non è una linea difensiva improvvisata, ma una linea preparata con profusione di mezzi da lunga mano. Rotto un reticolato, espugnata una trincea o una ridotta, altri reticolati, altre trincee si presentano davanti, donde la necessità di conquistare il terreno palmo a palmo malgrado quel potente concentramento di mezzi impiegato per giorni e giorni con indomita volontà... »
All'estero, gradatamente, le difficoltà immense della nostra guerra e il vigore e lo slancio con cui le nostre truppe le affrontarono e le vinsero, finirono per essere riconosciuti.
Reduce da una visita alla fronte trentina, Jean Car-rère, l'inviato speciale del Temps, descriveva gli sforzi compiuti dall'esercito italiano per sbarrare la strada che l'antica frontiera lasciava aperta all'invasione austriaca.
« Queste parole sbarrare la strada — egli scriveva — sembrano molto semplici quando le si legge in un giornale. Ci si immagina facilmente che l'operazione consista nell'ammassare truppe che si fermino, l'arma al piede, e attendano, senza far nulla, un'eventuale invasione.
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