Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAdeità non trascendono assolutamente mai gl'italiani, che non perdono mai di vista il concetto, secondo cui la lealtà delle armi impone di attaccare soltanto l'esercito e non gli inermi e neppure gli ambienti, e perciò si astengono fino allo scrupolo dal distruggere e dal danneggiare senza esservi costretti da imprescindibili bisogni tattici; e se tali esigenze ve li costringono, prendono di mira solo gli uffici pubblici, rispettando, per quanto sia possibile, le case dei privati. Se volessero, una volta tanto, mettere in vigore la legge del taglione, potrebbero inferocire su Gorizia, ma non ci pensano nemmeno; questo modo di agire sarebbe per loro un'umiliazione troppo forte. »
L'on. Gasparotto, che combattè alla fronte con le nostre truppe, ricordava in una sua conferenza che il soldato italiano, anche a traverso la guerra, conservò intatti gli istinti immortali della razza e sempre ebbe della vita una concezione elevata e generosa. È sempre la tradizione umanistica latina — egli disse — che, dalle lontananze dei secoli, governa ancora i nostri spiriti. Al confronto della nostra bontà, della nostra magnanimità, sta la perfidia e la crudeltà austriaca; e Fon. Gasparotto narrava con precisione di date, di persone e di località, di soldati colpiti per la seconda volta ed uccisi mentre si portavano con le barelle all'ambulanza; di mitragliatrici rivolte contro generosi che dall'alba alla sera, riparati dietro un masso affiorante, resistettero per trascinare in salvo un moribondo.
Contro questa concezione della guerra, per la quale la forza si trasformava metodicamente in ferocia, risplendono innumerevoli gli esempi della bontà italiana. L'esercito nostro, mentre sui campi di battaglia ha fulgidamente affermato il suo valore vittorioso, seppe pur documentare il concetto altrettanto vittorioso della sua antica e superiore civiltà.
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Gorizia Fon
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