Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
IL PRIMO ANNO DI GUERR 4
portava su Opcina, importante nodo ferroviario al nord di Trieste, e vi rovesciava 800 kg. di alto esplosivo. La facilità con la quale i nostri valorosi aeronauti raggiunsero la meta loro prefissa, nonostante l'avverso vento e le innocue precipitose salve di numerose batterie nemiche, valse a far comprendere all'avversario come non meno agevolmente per noi, ma assai più dannosamente per esso, avrebbe potuto la nostra possente aeronave seminare morte e rovina sui centri popolosi assai vicini all'obbiettivo raggiunto. Ma ancora una volta il Comando Supremo italiano volle mostrarsi rispettoso delle leggi di guerra e della civiltà, pur contro un nemico che più volte le calpestò con ferocia e cinismo.
« Nella mattinata del 2 una delle nostre poderose squadriglie di « Caproni » volava su Adelsberg, importante stazione ferroviaria e sede di un alto Comando austriaco. Aggrediti dal fuoco delle artiglierie controaeree e da velivoli nemici, i nostri aviatori, con il consueto sereno ardimento, si abbassavano ad altezza efficace e lanciavano sul bersaglio 40 granate-mine devastandolo, indi, come già l'aeronave, ritornavano incolumi nelle nostre linee.
« Dopo il duplice grave scacco offensivo e difensivo l'avversario sentì il bisogno di venire alla riscossa. E poiché la giornata del 27 marzo gli aveva chiaramente mostrato a quale insuccesso poteva esporsi lanciandosi sulla nostra zona di guerra, contenendo cioè le incursioni nei limiti imposti dalle leggi della guerra e dell'umanità, meditò uno dei suoi consueti truci attacchi alle inermi popolose città del nostro Adriatico, di quel mare che si attenta a rari intervalli a sorvolare solo alle maggiori altezze, non osando solcarlo con le sue pavide navi. Seguì la feroce aggressione su Ancona del 3 aprile, e fece nuove, fortunatamente pochissime, vittime umane. L'iniqua aggressione era però da noi prevista, ed anche qui si rilevò tutta l'efficacia della nostra difesa aerea. Di cinque idrovolanti selvaggiamente slanciatisi a devastare le tranquille città costiere, ben tre precipitarono nelle acque del mar nostro, colpiti a morte, infranti e incendiati dal fuoco calmo e preciso delle nostre batterie. Gli altri
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