Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio

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      LA GRANDE GUERRA D'ITALIAdissipava subito ile nubi gialle e velenose. Al primo chiarore dell'aurora gli austriaci uscirono al contrattacco. Non poterono varcare i passaggi fra i reticolati, fermati dallla nosta fucileria. Ma gli alpini, troppo inferiori di numero per tentare l'assalto, dovettero scivolare indietro, lungo il pendìo micidiale, sotto le raffiche del fuoco, tempestati ora anche da colpi di shrapnels. Ripiegarono così verso la sella, fino alila base del Corno. Durante questo ripiegamento il capitano si trovò vicino Cesare Battisti, silenzioso, l'occhio ardente, seguito dai pochi soldati rimasti della sua compagnia.
      I superstiti si trincerarono con delle pietre, dalle quali ile pallottole facevano sprizzare nuvolette di polvere e di schegge. La grandine dei colpi era tale che gl'interstizi erano continuamente attraversati dal piombo e ad ogni istante un tiratore si rovesciava ferito. Il capitano aveva il mantello lacerato dai proiettili e l'elmo sforacchiato. Erano le cinque. Un pezzo austriaco da 110 profittava della limpidità soleggiata del mattino per tentare di colpire in pieno la trincea. I due ufficiali si sono consultati.
      È stato un consiglio di guerra breve e solenne, in mezzo al sangue che scorreva sull'erba.
      Una parola, pronunciata da entrambi, espresse il comune pensiero : resistere.
      — Ebbene, disse il capitano a Battisti; scrivi : « Siamo trincerati nella selletta; non abbiamo più che una quarantina di uomini validi, possiamo resistere ancora un'ora. »
      Sono le ultime parole che Battisti ha scritto, con la sua calligrafia ferma e chiara. Un soldato si è allontanato per portare il messaggio. Non ha fatto dieci passi che è caduto fulminato.
      Nessuna speranza di comunicazione col mondo. Quel pugno di eroi era isolato fra le masse nemiche e l'abisso. Un 305 batteva ora dietro ai nostri la vetta del Corno. E il 110 allungava il tiro, studiosamente. Ogni suo colpo si avvicinava un po' più.
      Per mantenere una certa intensità al tiro della difesa, tutti i feriti che potevano ancora muovere le brac-
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Storia della Grande Guerra d'Italia
Volume 18. Il popolo guerriero
di Isidoro Reggio
Istituto Editoriale Italiano
pagine 156

   

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