Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
IL POPOI O GUERRIEROnel vuoto : l'Italia, in verità, si è andata non infiacchendo, ma temprando, e la sua buona tempra è tal segno di vittoria morale che non può non essere presagio dell'altra vittoria, attraverso tutte le difficoltà e ad ogni costo. »
Alla dura impresa di guerra condotta dal suo esercito, l'Italia assisteva infatti con fermo e imperterrito cuore, con augusta serenità.
« La guerra — scriveva Barzini nelle prime ore dell'iniziata campagna — non ha mutato nulla, non ha toccato^nulla. Ricordo la tragica sospensione di ogni vita negli altri paesi belligeranti, quando il grande conflitto s'iniziò. Si vedevano i segni del lavoro subitamente interrotto sulla campagna francese divenuta deserta, si sentiva l'allarmi, la paralisi, l'angoscia della nazione intera, i villaggi solitari avevano un'espressione desolata, e, cessato ogni commercio, le città costernate tacevano, con le vie quasi vuote, fra i negozi chiusi.
« Uno straniero che arrivasse fra noi ignaro (per u-na ipotesi fantastica) degli eventi, non sentirebbe la guerra nella vita intensa delle nostre città e nella tranquilla operosità dei nostri campi, non si accorgerebbe che stiamo combattendo la più grande lotta della nostra esistenza nazionale.
« La guerra ci ha trovati pronti, e niente altro che l'immutata fisionomia della nazione, mentre milioni d'italiani si battono, è già una grande prova di potenza.
« Nei vigneti e nei frutteti si lavora, e dalla campagna luminosa, che non è mai sembrata così bella, così folta di vigore, così promettente, scolorata qua e là dal primo imbiondire delle messi, arrivano nella serenità ardente del meriggio i canti dei contadini all'opera, le antiche canzoni dei campi, semplici, larghe e solenni come preghiere... »
Nei gangli nervosi della razza italica — la più grande e più antica dominatrice mondiale — l'epica vicenda della grande guerra aveva rintracciato sedimenti energetici preziosi : e preziosi non solo per l'attitudine spe-
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