Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
STRA FE-E XP EDI TIONobiettivi importanti, deve essere arrestato con il vigore e l'impeto richiesti dalle esigenze del momento. Nessun proclama eccezionale, come quelli lanciati dai comandi austriaci, ha dovuto animare le nostre truppe alla vigorosa tenace difensiva contro la quale hanno urtato le baldanzose schiere del nemico. I nostri soldati hanno compreso la gravità del compito loro richiesto dalla patria, ed hanno opposto un valido argine agli impeti tenaci ed arditi delle colonne austriache.
« Ci avviamo dunque rapidamente verso quel periodo che può definirsi di assestamento. Alle prime, forse i-nevitabili, conquiste del nemico, compiute nella fase dell'attacco, con l'ausilio di una strabocchevole ricchezza di cannoni e di munizioni, è subentrata ora una resistenza quotidiana, una vicenda di attacchi e contrattacchi che hanno sensibilmente rallentato la marcia delle colonne austriache.
« La nostra ala sinistra tra la Val d'Adige e la Vallar-sa, sulle posizioni di Coni Zugna e del Passo di Buole, dà segni di una vigoria eccezionale e continua incessantemente ad infliggere perdite considerevoli alle schiere nemiche.
« La superiorità delle artiglierie austro-ungariche non ci ha fatto arretrare di un passo da quelle montagne verdeggianti in cui talune fratture a strapiombo ci hanno permesso di arrestare gli assalti nemici, e di falciare con i nostri piccoli calibri, le mitragliatrici, la fucileria, le fitte e fanatiche schiere austriache. Quando le truppe sono state a contatto del nemico, la baionetta ha raggiunto la sua tradizionale supremazia, come è avvenuto nei combattimenti al passo di Buole... ».
I combattimenti sul Cengio ebbero un'impronta particolarmente eroica. »
II monte, alto 1350 metri, era guardato dai granatieri di Sardegna, la magnifica brigata che fu al Carso e a Oslavia e vi si battè con ardore, e che, portata in una notte in autocarri sull'altipiano di Asiago, sostenne e contenne i primi urti rabbiosi nei punti più minacciati.
Sotto gli attacchi impetuosi — scriveva Arnaldo Frac-
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