Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
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In certi momenti il fuoco aveva raggiunto l'intensità di mille colpi al minuto. Avevamo restituito agli austriaci uno di quei cannoneggiamenti che essi prodigavano nell'offensiva. Vendicavamo il martirio del Novegno, del Lemerle. dello Zovetto, dove le nostre fanterie erano rimaste ferme in veri cataclismi che minavano le vette e divoravano battaglioni...
Le truppe destinate all'attacco — narrava il Barzini — erano state ritirate dalla vicinanza delle rocce da scalare, per proteggerle dalla grandine di schegge che scendeva sibilando dall'alto. Frantumi di acciaio e di pietre ricadevano dal ciglione. Per distruggere i reticolati molti colpi dovevano battere proprio sul margine della terrazza, alla sommità della parete, e ogni cannonata faceva crollare macigni nella gola del Caviojo. Si udiva da lontano lo scroscio lungo delle frane. Pareva alle volte che non finisse mai la scivolata dei sassi, col suo rumore cupo di ciottoli scaricati a valanga.
Tutti i soldati guardavano in su, contenti. Commentavano con voci di entusiasmo le varie fasi del bombardamento. Presentivano la vittoria. La voce dei propri cannoni ha la più grande virtù di persuasione. La truppa si preparava all'assalto con una decisione irresistibile. Ed era l'assalto di un muro : bisognava salir con le scale.
E salirono, tra la pioggia delle granate nemiche. Alle otto del mattino, sopra una punta, si profilò una prima figura di alpino. I nostri avevano sorpassato il ciglio dell'abisso; ma avevano il precipizio alle spalle, e dovevano tenersi rannicchiati sopra un bordo angusto e precipitoso, sovrastati dalle siepi di filo di ferro, dominati dalla trincea. Appena si mostravano, scrosciava la fucileria. Una sottile linea di tiratori alpini appostata fra i macigni, rispondeva al fuoco nemico. Ogni tanto si vedevano gli uomini balzare in piedi e fare i gesti di chi lancia granate...
« Quando, dopo quaranta ore di veglia e di fatica, — notava il Barzini — all'alba del 24, i nostri alpini hanno sferrato l'assalto alla cima, il nemico è fuggito. La vetta del Cirnone definitivamente nostra, è scomparsa poco
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